“Quei giudici mi perseguitano”, “qui giudici non sanno fare il loro lavoro”, “quei giudici vogliono distruggermi”. No, in data 1 marzo 2007 non è Silvio Berlusconi, né Marcello Dell’Utri e nemmeno l’interdettoperpetuamentedaipubbliciuffici-ma-deputatodellarepubblica Cesare Previsti, a pronunciarle. La nuova difesa giudiziaria nata con la Banda Berlsuconi (e con l’adozione delle leggi vergogna a cornice) è ormai bipartisan. Non è ancora entrata nei libri di Diritti, ma qualcuno l’ha imparata presto, forse perché siede nel Parlamento, unico al mondo, con un concentrato di Wanted da far invidia ai più malfamati territori nazionali ed ai “peggiori bar di Caracas”....
A pronunciarle è Maria Grazia Laganà, deputato della Repubblica, eletta nelle liste dell’Ulivo in quota Margherita, alle ultime elezioni politiche, mentre la ASL di Locri dove svolgeva le funzioni di Responsabile del Personale, veniva commissariata per infiltrazioni mafiose, e poi nominata membro della Commissione Parlamentare Antimafia, in compagnia di Paolo Cirino Pomicino e Alfredo Vito.
Perché rispondere ai giudici dell’antimafia? Perché mai poi presentarsi ai ripetuti inviti a comparire dinnanzi alla DDA in qualità di “persona informata sui fatti”? Perchè rinunciare ad attaccare i magistrati gridando al complotto? Quando lo fanno “illustri onorevoli” colleghi?
Se Marcello Dell’Utri, in primo grado condannato per mafia a Palermo, ha girato l’Italia per spiegare che la miglior difesa è quella “dal processo”, sulla base di un principio fondamentale quale “tirarla alle lunghe” (1° perché i testimoni possono morire; 2° perché le prove possono sparire o andare a fuoco, 3° muoiono i giudici e il processo ricomincia, 4° arriva la prescrizione), perché non dargli retta, visti gli “ottimi risultati?
Inoltre le leggi vergogna (colpa della destra! ma già che le hanno fatte, teniamocele) aiutano molto, ad esempio si possono insultare preventivamente i giudici per poi appellarsi al legittimo sospetto quando questi indagano. E’ una linea di difesa ormai collaudata…ormai è bipartisan. Ed anche la stampa e l’informazione che ha proceduto ad abrogare i fatti dalle notizie per lasciare spazio alle opinioni (o meglio illazioni), è sicuramente utile.
L’importante è dichiarare che si vuole Verità e Giustizia e poi, questa volta, in questo caso, si potrebbe arrivare là dove nessun uomo (di Berlusconi) è mai giunto prima: l’indagato (o imputato) che interroga lui i giudici dell’Antimafia in Commissione Antimafia. Questa è una chiara discontinuità con il Governo Berlusconi, scusateci se non l’avevamo notata prima.
Ma leggiamo i fatti:
1° fatto
La Sig.ra Laganà era Responsabile del Personale della Asl 9 di Locri sino alla sua elezione al Parlamento (e successiva nomina in Commissione Antimafia), primavera 2006. Per questo pubblico impiego dirigenziale, ben retribuito, la Dott.ssa Laganà era responsabile di assunzioni, trasferimenti, licenziamenti nella Asl di Locri. Per questo sua Responsabilità era a conoscenza, per pareri e firme, degli appalti ed incarichi esterni e di forniture. Questo è quello che compete alla Direzione Sanitaria ed al Responsabile del Personale di una ASL in Italia.
2° fatto
La Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, coordinata dal giudice Boemi, non crediamo proprio che indaghi su un singolo appalto, quando si muove una DDA lo fa a 360° e su elementi probatori consistenti e molteplici. Infatti la base dell’azione penale che coinvolge come indagata la signora Laganà è quella degli appalti ed incarichi, delle convenzioni e forniture, della gestione della Asl 9 di Locri, ove era pesante, come provato e mai smentito, l’infiltrazione della ‘Ndrangheta, e non solo quindi – come afferma la signora Laganà - su un singolo o piccolo episodio di Truffa che sarebbe competenza della magistratura ordinaria. Inoltre qualsiasi DDA, d’ufficio e per legge, avrebbe trasmesso per competenza alla procura ordinaria una “bazzecola” come una semplice “truffa” rispetto alla devastante illegalità nella Asl di Locri.
3° fatto
La ASL 9 di Locri è stata commissariata per infiltrazione mafiosa nella primavera del 2006, mentre la signora Laganà veniva eletta alla Camera dei Deputati. La Relazione della Commissione d’Accesso alla Asl di Locri, redatta dal Prefetto Paola Basilone, evidenziava chiaramente il livello pressoché assoluto di controllo della ‘ndrangheta su quella ASL. La prima parte di quella Relazione è stata secretata dalla DDA in quanto parte dell’istruttoria di indagine. La seconda parte, invece, non è stata secretata e (come atto amministrativo di un procedimento concluso è pubblica) quando l’abbiamo pubblicata, nel silenzio di tutti gli organi di informazione “ufficiali” si è stati traghettati nel classico “porto delle nebbie” da un pm Giuseppe Lombardo (figlio di Rocco) che non era (e non è) della DDA ma che ci teneva tanto a violare le competenze d’ufficio, le procedure e le norme.
4° fatto
La neo eletta Laganà viene nominata in Commissione Parlamentare Antimafia. E continua a non dire nulla sulla ASL 9 di Locri, dove con lei lavorava il marito, Franco Fortugno, primario del Pronto Soccorso, richiamato in servizio presso quel nosocomio dal padre della Laganà, Avv. Mario Laganà “rais” di quella ASL per lungo tempo. In quella stessa ASL tra i colleghi lavorava anche il presunto mandante dell’omicidio del Consigliere Regionale più votato della Calabria, Franco Fortugno. Tale collega della “porta accanto” è Alessandro Marcianò, del cui figlio i coniugi Fortugno sono stati “compari d’anello”.
5° fatto
La signora Laganà viene chiamata a rispondere per ben due volte dalla DDA di Reggio Calabria in quanto persona informata sui fatti. Ma, in coerenza alla nuova strategia di difesa berlusconiprevitidellutri, la parlamentare della Margherita non si presenta motivando “improrogabili impegni istituzionali”.
6° fatto
La signora Laganà riceve un avviso di garanzia e la convocazione dalla DDA di Reggio, in quanto indagata. La risposta della signora è: “quei giudici mi perseguitano”, “non sanno fare il loro lavoro”, “non indagano sui magistrati-politici-mafiosi che stanno dietro agli appalti nella sanità”, “anche la Procura Nazionale non mi degna d’ascolto”.
7° fatto - e qualche domanda
Ma in quella Asl di politici e amministratori sanitari che gestiscono gli appalti dal passato sino al Commissariamento ci sono Lei ed il padre. A chi si riferisce, quindi?
Ma Lei prendeva solo la retribuzione da dirigente ma non andava mai al lavoro (facendo assolvere le sue competenze – e firme – a qualcun altro) per essere ignara ed estranea a quella gestione?
Ma se all’inizio diceva che non capiva proprio perché la ‘ndrangheta avesse voluto uccidere suo marito e non vi erano mai stati problemi, segnali o denunce, come mai, da quando la DDA ha in mano la Relazione Basilone , e lei è entrata in Parlamento, il ritornello è cambiato? Dove sono le denunce che il marito (ma soprattutto lei come Responsabile) avrebbe depositato? L’unica cosa assodata è che la famosa “denuncia” scomparsa (e poi ritrovata) è un’interrogazione in Consiglio Regionale che parla di un fatto personale di Fortugno ed è stata rinvenuta alla Procura di Locri, dove a Procuratore Capo (nel 2002 sino al 2004) era Rocco Lombardo (padre del Giuseppe) che dagli atti non risulta mai aver indagato sulla Asl di Locri e sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nella Asl di Fortugno e della signora. Si riferisce a questo magistrato quando accusa di collusioni magistratura-mafia?
8.1° fatto ipotetico futuro(alternativo al successivo)
La signora Laganà si dimette dalla Commissione Antimafia, mettendosi a disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia e dei giudici, rispondendo alle domande e fornendo le sue conoscenze dei fatti quale Responsabile di gestione di quella ASL e contribuendo a fare verità e giustizia a 360°. Se le ombre sulla sua persona verranno dissolte e risulterà estranea, dopo aver restituito gli stipendi dirigenziale di Responsabile di un ufficio mai seguito, avrà fatto la sua parte.
8.2° fatto ipotetico futuro (alternativo al precedente)
La signora Laganà non si dimette dalla Commissione Antimafia e, continuando ad accusare i magistrati di complotto politico-giudiziario-mafioso ai sui danni, si trincera nel non rispondere alle domande. In parallelo potrà interrogare lei i giudici della Direzione Distrettuale Antimafia e gli agenti dei Reparti investigativi, nonché il Procuratore Nazionale Antimafia, nelle audizioni in Commissione Parlamentare Antimafia, sui fatti che la riguardano o sul sesso degli angeli, tanto per spostare meglio l’attenzione.
Perché tutto questo non si dice? Sono fatti! Non sono Opinioni!...
E se si vuole rileggere tutta la storia…ne avevamo già parlato!