Un altro anno è passato anche a Locri. Dal 24 settembre 2004 ad oggi ne sono trascorsi 8 di anni. Ancora, però, chi ha premuto il grilletto del fucile cannemozze resta protetto dall'omertà. Ancora, chi è stato il mandante di quell'omicidio, resta protetto dall'omertà. Ancora, per un altro anno, la 'ndrangheta, con la succube e schiava comunità locrese, ha garantito l'impunità per l'omicidio, al mandante ed all'esecutore. Ancora, per un altro anno, la 'ndrangheta, con la sua rete di insospettabili schiere di professionisti, tra notorietà e logge, ha fatto sì che, chi è sopravvissuto al piombo, non avesse Giustizia. Non c'è rispetto e nemmeno pietà per i vivi, oltre che per i morti, nella Locride, dove anche nel Palazzo, come nella comunità, si è scelto di percorrere la strada da “ominicchi”, piegati e succubi dei desiderata mafiosi...
Certo, Massimiliano Carbone non aveva un nome noto. Non era famoso. Non aveva amici importanti. Certo, per chiedere verità e giustizia, la sua famiglia si è rivolta allo Stato, e non a quel verminaio di masso-mafiosi che “un colpevole” lo avrebbe garantito, così come ha saputo fare per altri omicidi. Certo, se non ti inginocchi al padrino o alla madrina di quella terra, se non piangi ai loro piedi, se non li supplichi, non ti sarà mai dato nulla, perché lì, lo Stato, nonostante gli sforzi dei reparti investigativi, non vuole rompere gli equilibri che 'ndrangheta e massoneria hanno da decenni imposto.
Ed allora, trascorso un altro anno, l'ottavo anno, chi ha premuto il grilletto la sera del 17 settembre 2004, appostato dietro ad un muretto, salendo su una pietra che ancora è lì, non ha un volto e non ha un nome. L'allora Procuratore di Locri, Carbone, non fece nemmeno fare alcun rilievo del RIS... Quella pietra, usata dal killer, nemmeno è stata repertata... L'allora Procuratore di Locri, Carbone, non considerò che, dalle indagini, da tutte le risultanze investigative, vi era un'unica, concorde, evidenza, che indicava mandante e movente. Vi erano i contatti, del mandante individuato dalle indagini, con i Cordì. Vi era un'armeria ben fornita nella sua casa. L'allora Procuratore di Locri, Carbone, non considerò nulla di tutto questo... considerò altro. Sì, l'allora Procuratore di quella “terra di mattanza”, considerò l'alibi fornito da colui che era indicato come mandante dalle indagini, dalle risultanze delle indagini. Un alibi che era un video dove il Martello era ad un compleanno che si svolgeva a qualche chilometro di distanza e, dove, più volte, si vedeva l'orologio le cui lancette indicavano un'ora, per cui, materialmente, sarebbe stato impossibile recarsi sul luogo del delitto e nel momento del delitto. Un alibi che non sta in piedi per un “mandante”... perché appunto non è l'esecutore materiale. Un alibi senza senso, perché un “mandante” non è l'esecutore. Ma, come considerò l'allora Procuratore di Locri, l'unico indiziato era “incensurato” e quindi il fascicolo andava archiviato. Poco, anzi nulla, contarono anche le intercettazioni del soggetto in questione con gli esponenti della cosca dei Cordì. Nessuna rilevanza al fatto che nelle intercettazioni degli 'ndranghetisti emergeva anche il “costo” di qualche migliaio di euro da versare per far entrare in azione i “Ragazzi di Locri”, che nel gergo della cosca di Locri sta a rappresentare il “gruppo di fuoco”, alias i killer.
Massimiliano Carbone, ferito dal piombo sparato da quel fucile a cannemozze, non era un personaggio importante da scomodare le Autorità. Anzi, aveva osato anche aprire, senza padrini e padroni, una cooperativa di servizi, lì a Locri. Ed in certi territori, la libertà non è concessa. Affermarla è una sgarbo a coloro che si credono i “padroni” di quella terra. Un torto a quell’“autorità locale” che è mafia e massoneria... che non è quella dello Stato.
Massimiliano Carbone, ferito da quel piombo e dall'omertà, che poteva, se rotta, evitare che il sangue fosse versato, arrivò al Pronto Soccorso di quella Asl di Locri dei Fortugno-Laganà, infiltrata sino al midollo dalla 'ndrangheta. Lì c'erano tutti per l'emergenza... o forse è meglio dire che Massimiliano all'arrivo trovò il personale allertato, pronto all'intervento d'urgenza, perché era stato allertato per intervenire a rimuovere i pallini di piombo del nipotino di MORABITO Giuseppe, “u tiradrittu”, ferito in un regolamento di conti ad Africo. Massimiliano arrivò prima nella sala operatoria già pronta. I pallini al giovane MORABITO li tolsero nella sala gessi. Massimiliano sopravvisse 7 giorni... Il 24 settembre si spegneva.
Massimiliano non era un ragazzo piegato dalla cultura mafiosa. La sua famiglia non era mai stata piegata dalla cultura mafiosa. Lui, da quella stanza di ospedale, chiese di proteggere l'eredità che lasciava. La sua famiglia non si piegò, non accettava la logica perversa di quella terra, la vendetta. Massimiliano e la sua famiglia volevano, ancora, e solo Giustizia. Lui esalò l'ultimo respiro. La sua famiglia non si è data pace ed è andata avanti nel chiedere Verità e Giustizia. Non si è stancata mai di pretendere che lo Stato tutelasse quell'eredità che Massimiliano aveva lasciato.
Ma, quell'eredità, quel figlio di Massimiliano, ancora oggi, nonostante sia stato sancito che debba sapere chi era suo padre, ancora oggi non lo sa. Ancora oggi, se da un lato non ci sono mandanti ed esecutori di quell'assassinio di mafia, il figlio di Massimiliano non conosce suo padre, non conosce i suoi nonni, non conosce la sua famiglia che mai si è piegata alla cultura mafiosa. Quel figlio, l'eredità di Massimiliano, resta prigioniero, complice la macchina giudiziaria di quella terra, profondamente permeabile alle esigenze di quella rete mafia-massoneria - benedetta e protetta dalla Chiesa - , della cultura mafiosa, dell'omertà e della complicità, che è la stessa che ha armato quel piombo fatale, il 17 settembre 2004. Erano solo 8 anni fa.
Per questo, oggi, ancora e sempre, stringiamo con un forte e sincero abbraccio la famiglia di Massimiliano, la sua mamma Liliana, donna e maestra che quella terra non merita, perché quella comunità che non si è schierata al suo fianco, lasciandola sola e quasi indicandola come anomalia da espellere, ha scelto di stare con Caino garantendone l'impunità... Il mandante e l'esecutore, la cosca ed i suoi potenti protettori sono colpevoli, ma altrettanto colpevole è quella comunità omertosa e complice che ha scelto di negare verità e giustizia ai vivi, anche a soprattutto a quel bambino, eredità vivente di Massimiliano.
A Locri tutti tacciono e tutti coprono. La comunità come la Chiesa si fanno complici del silenzio. I Palazzi della Giustizia, da quella ordinaria a qualla per i minori si piegano all'ingiustizia. Sanno ma non osano adempiere ai propri doveri. E' per questo che in questa terra, la locride, nulla cambia. Non per un destino prefissato, per il fato o un volere divino, ma solo e sempre per la vigliaccheria di quella comunità tutta.