Parlare degli 'ndranghetisti che dominano sul “locale” di Canolo, è parlare di quei vermi della cosca GULLACE-RASO-ALBANESE ed affini. Sì, sono tutti una cosa... E parlare di loro significa parlare della “CORONA”, ovvero di quella sorta di cupola della 'ndrangheta utile tassello della collusione ed interessenza con la MASSONERIA e la POLITICA... Insomma, se Peppino Impastato ci ha spiegato che “la mafia è una montagna di merda”, questi sono la parte più puzzolente...
Negli atti dell'Operazione “SAGGEZZA” della DDA di Reggio Calabria ( - in formato .pdf), si legge:
“una articolazione dell'associazione denominata "Corona", struttura cui facevano capo i '"locali" di 'ndrangheta di Antonimina, Ciminà, Ardore, Cirella di Platì e Canolo, finalizzata al controllo mafioso dei territori di tali Comuni ed al raggiungi mento degli scopi sopra elencati avvalendosi: della forza d'intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva; delle '"doti" da ciascuno possedute all'interno dell'organizzazione; dei vantaggi e collegamenti derivanti dalle sinergie criminali prodotte dal coordinamento dei cinque "locali" sopra menzionati; degli stretti rapporti con esponenti di rilievo del mondo politico e della massoneria; dei legami criminali con gli esponenti delle principali famiglie mafiose della provincia reggina, quali i Commisso di Siderno, i Cordì di Locri, i Pelle di S. Luca, gli Aquino di Marina di Gioiosa Jonica, i Vallelunga di Serra S. Bruno, i Barbaro di Platì, gli Ietto di Natile di Careri, i Primerano di Bovalino e con personaggi di assoluto spessore criminale all'interno della 'ndrangheta, quali, tra gli altri, Maesano Giovanni, Tripodo Antonino Venanzio.”
E sul capo "locale" RASO Giuseppe si legge:
"nella qualità di appartenente alla "Corona" e di capo locale di Canolo, faceva parte della struttura, in diretto contatto con il Melia, con compiti di decisione, pianificazione e individuazione delle azioni e delle strategie e, altresì impartendo le direttive agli associati del locale di appartenenza; in particolare, dirigendo e organizzando il locale, assumendo le decisioni più rilevanti, impartendo le disposizioni o comminando sanzioni agli altri associati a lui subordinati, decidendo e partecipando ai riti di affiliazione, conferendo agli altri associati cariche e doti, curando i rapporti con le altri articolazioni dell'associazione nonché con esponenti del mondo politico e della massoneria, gestendo in prima persona le attività imprenditoriali di interesse per il sodalizio (nel settore dei pubblici appalti e nel settore del taglio boschivo)."
Ed il “locale” Canolo è il “locale” del D'AGOSTINO Raffaele (condannato nel procedimento “IL CRIMINE”, in primo grado, con rito abbreviato – e quindi sconto di pena – a 5 anni e 6 mesi), con stretto legame alla Liguria... ma soprattutto è il “locale” al cui vertice, come detto, vi è il RASO Giuseppe detto “avvocaticchio” (condannato nel procedimento “IL CRIMINE”, in primo grado, con rito abbreviato – e quindi sconto di pena – a 5 anni e 4 mesi), fratellastro del GULLACE Carmelo a capo della cosca nel Nord-Ovest del paese. Quando il RASO chiamava per i summit mascherati da cerimonie di varia natura il GULLACE e tutto il verminaio dal Nord scendeva obbediente. Ed è proprio il RASO “Peppe” Giuseppe che era affiancato, prima dell'arresto, dal fratello del GULLACE Carmelo, il Francesco GULLACE detto “Ciccio” (il terzo fratello, Elio GULLACE dopo essere stato arrestato con Rocco PRONESTI', a Torino, con una pistola pronta a sparare, davanti all'ufficio del Giudice Istruttore “condannato” a morte dal GULLACE Carmelo, si “dedica” ora alle forniture di marmi - sic! - con la GIUMAR di Dolcedo a Imperia)... E' proprio quel Francesco GULLACE che in quella terra di Calabria, nella vecchia tenuta del boss Francesco FAZZARI, con il “numero uno” della cosca GULLACE-RASO-ALBANESE, RASO Girolamo detto “Mommo” e “il Professore” (cugino dei GULLACE), se la facevano sotto, di notte, quando “sentivano” i bambini ammazzati nella faida di Cittanova con i FACCHINERI.
Fu proprio il RASO Giuseppe, ad esempio, che volle dare le “doti” all'Antonio RAMPINO, a capo per lunghi anni, sino alla morte, con il fratello Franco RAMPINO, della 'ndrangheta in Liguria, come “capo locale” di Genova, legato al vecchio boss Francesco FAZZARI (gli portava pure i soldi in contanti già nella vecchia casa di Genova, in via Vasto De Gama), così come ai GULLACE ed MAMONE che videro la loro ascesa "imprenditoriale" proprio dopo quel brindisi di Gino MAMONE, nel 1993, a Genova, con i boss Franco RAMPINO e Carmelo GULLACE.
E se si para di “doti” non si può trascurare nemmeno che per il conferimento della “SANTA” al D'AGOSTINO Raffaele, a Canolo, erano certamente presenti gli esponenti apicali del “locale” FILIPPONE Rosario e RASO Giuseppe.
Le bestie sono meglio di loro... Una cosa sola sono, da Canolo alla Piana di Gioa Tauro, salendo su, verso Nord, passando da Roma (dove c'è il “Mommo”, ovvero RASO Girolamo) e quindi nella "colonia" chiamata Liguria (con il GULLACE Carmelo e il suo verminaio – soprattutto tra Provincia di Savona e Genova) e poi espandersi sino alle alpi, come a Biella con il RASO Antonio, nel novarese e torinese, e poi nella pianura padana, dall'alessandrino con i PRONESTI', i SOFIO e compagnia che fa spola con Palmi, sino alla LOMBARDIA con il PRONESTI' ed i D'AGOSTINO... Per citarne alcuni e senza entrare nei dettagli della rete in SPAGNIA, AUSTRALIA ed Oltre Oceano sia a sud che a nord dell'equatore...
Non hanno un briciolo di umanità. Tra i principali protagonisti, con il gruppo del GULLACE Carmelo, della stagione dei sequestri di persona a scopro estorsivo. Loro rapivano i bambini. Rendevano di più... e poi si fregavano i soldi l'uno con l'altro. Li nascondevano sotto terra per poi pagare in contanti le loro "spesucce" con banconote che puzzavano di terra e naftalina, mentre le vite di quei bambini restavano segnate dal terrore per tutta la vita.
Canolo, come anticipato, è da sempre considerato il “regno” della famiglia D'AGOSTINO, che vide il proprio esponente di spicco D'AGOSTINO Antonio (cl. 1943), assassinato a Roma il 2 novembre del 1976 al termine di un incontro di 'ndrangheta. Al vertice di quella famiglia vi era padre di Antonio, Nicola D'AGOSTINO, e quindi il D'AGOSTINO Domenico, Sindaco di Canolo, 'ndranghetista inserito anche in COSA NOSTRA...
Quel Nicola D'AGOSTINO lo voleva morto ammazzato il boss Francesco FAZZARI (nel frattempo sempre più legato al killer GULLACE Carmelo, a cui aveva promesso in sposa la figlia Giulia FAZZARI che, con la sorella Rita, sarà l'intestataria fittizia di tutti i beni e le imprese del padre, come documentato anche da una lettera dello stesso Francesco Fazzari) che, in allora, scendeva in Calabria spesso, soprattutto con Franco RAMPINO. Lo voleva morto perché ritenuto responsabile dell'attentato ad una sua pala FL14 che teneva nella sua tenuta, rifugio e base logistica dei GULLACE-RASO-ALBANESE... Francesco FAZZARI incontro, in un bar, in Calabria, Nicola e Totò D'AGOSTNO per un “chiarimento”... poi a Roma, un killer uccise il Antonio D'AGOSTINO, se non ricordiamo male nella zona dell'EUR... Lo chiamarono al telefono del locale ove si trovava per evitare errori ed una volta individuato con certezza venne ammazzato. Ed il Francesco FAZZARI, subito dopo l'omicidio, avrebbe commentato “La pala l'hanno pagata”.
Sono proprio una cosa sola questi luntruni... senza dubbio sono una sola enorme montagna di merda! E le montagne di merda si possono e si devono spazzare via!