Seduta n. 27 del 18/7/2006 Interpellanza al Ministro dell’Interno...
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
da diversi anni è emersa sulla stampa e all'attenzione dell'opinione pubblica la gestione del porto turistico di Lavagna, con tutti i suoi problemi legati ad una situazione di irregolarità amministrative, di contestazioni e rischi di carattere ambientale, di contenzioso connesso a varie questioni;
il 21 settembre del 2004 durante la messa in sicurezza dell'approdo turistico del porto di Lavagna, il Noe (Nucleo Operativo Ecologico), reparto speciale dei Carabinieri, scoprì che il porto veniva usato come punto di smaltimento non autorizzato di rifiuti speciali e fanghi derivati dalla lavorazione dell'ardesia, e dopo aver accertato che una parte dei lavori sulla diga foranea (pari a 45 mila metri quadrati) erano stati realizzati con 1.700 tonnellate di fanghi di risulta della lavorazione dell'ardesia, classificati dal Decreto Ronchi rifiuti speciali, effettuò il parziale sequestro della diga foranea del porto;
pochi giorni dopo il Gip incaricato dispose il dissequestro dell'area;
nel giugno 2005 dagli organi di stampa si è saputo che le indagini erano concluse e che il sostituto procuratore della Repubblica di Chiavari attendeva da parte dei tredici indagati, chiarimenti sulle rispettive responsabilità, con memorie scritte o interrogatori, prima di richiedere il rinvio a giudizio. Tra gli indagati figurava anche Jack Roc Mazreku, amministratore delegato della Porto di Lavagna Spa, gestore dell'omonimo porto turistico;
durante la XIV Legislatura, l'onorevole Edouard Ballaman attraverso tre interrogazioni, ha chiesto chiarimenti al Governo su quanto divulgato da organi di informazione riguardo ad irregolarità commesse sui beni demaniali del porto turistico di Lavagna, e sulla persona di Mazreku, senza però aver ricevuto risposta;
in particolare nell'interrogazione n. 4-07645 dell'8/10/2003, si fa riferimento ad un articolo pubblicato sul quotidiano La Repubblica del 12 giugno 2003, nella cronaca di Genova, dove si sostiene quanto di seguito:
che le Procure di Chiavari, Roma e Milano, leggendo il rapporto consegnato dalla Guardia di Finanza, hanno scoperto che il Porto di Lavagna era da 25 anni «in fase di costruzione» e, in assenza di concessioni, licenze e autorizzazioni, non risultava sulle mappe catastali del Demanio Marittimo;
che in seguito alle denunce di decine di diportisti, la Guardia di Finanza ha cominciato ad indagare su la «Porto di Lavagna Spa», che dopo il fallimento della «Cala dei Genovesi Spa» subentrava nella concessione demaniale;
che la «Porto di Lavagna Spa» avrebbe stipulato contratti con improvvidi acquirenti per spazi a titolo definitivo, mentre essendo questi spazi proprietà del Demanio, e il posto-barca un bene demaniale, secondo il Nucleo regionale di Polizia Tributaria, nei contratti di locazione della nuova gestione veniva concepito come diritto reale di superficie;
che alla «Porto di Lavagna» dichiararono di aver ricevuto pareri favorevoli da parte del Ministro della Marina Mercantile (nonostante risulti che l'ufficio legislativo si fosse espresso negativamente);
che la Guardia di Finanza ha scoperto che i moli e le opere a terra del porto turistico di Lavagna non sono mai state registrate sul catasto del Demanio marittimo e per questa ragione ne è stato chiesto il sequestro preventivo;
che il Nucleo Regionale di Polizia Tributaria ha portato alla luce una maxi evasione fiscale e una presunta truffa fiscale. La prima dovuta al fatto che la società che fa capo a Mazreku non ha dichiarato alle tasse quanto effettivamente ha incassato dai diportisti, ma soltanto quello incassato come locazione tradizionale. La seconda contestazione alla «Porto di Lavagna Spa» deriva dall'aver incassato una determinata somma a seguito di vendite (e non locazioni) di superfici non di sua proprietà, che mancano di autorizzazioni e ancora non risultanti sulle mappe catastali del Demanio -:
di quali informazioni e aggiornamenti disponga il Governo riguardo alle vicende riferite in premessa, e quali siano i provvedimenti adottati finora per la tutela della proprietà demaniale del Porto di Lavagna.
(2-00071) «Camillo Piazza».
Interrogazione Camera dei Deputati – 8 ottobre 2003
BALLAMAN. — Al Ministro della giustizia.
Per sapere –
premesso che: sul quotidiano La Repubblica del 12 giugno 2003, nella cronaca di Genova, viene riportato un articolo con il seguente titolo: « Lavagna: sequestrate il porto – Tre Procure accusano: i moli sono senza concessione »;
nel suddetto articolo si afferma testualmente: « Lavagna – Con i suoi milleseicento posti barca, il molo foraneo e quello sottoflutto, i suoi pontili e le due piccole darsene, il porto turistico di Lavagna non esiste. E` il piu` grande di tutto il Mediterraneo, ma per lo Stato italiano non c’e`, non ancora. Piu` esattamente: “e` in fase di costruzione”, come precisa la Capitaneria di Porto. Una fase che dura da 25 anni, un quarto di secolo trascorso senza che l’operazione sia mai comparsa sulle mappe catastali del Demanio Marittimo, e in assenza d’una pioggia di concessioni, licenze, autorizzazioni. Lo hanno scoperto alle Procure di Chiavari, Roma e Milano, leggendo il voluminoso rapporto consegnato dalla Guardia di Finanza. Che ha cominciato facendo le pulci ai piu` recenti gestori della struttura, denunciati da decine di diportisti, e finendo per sollevare il coperchio d’un calderone dove ribollono miliardarie frodi fiscali, truffe, fantasmi di riciclaggio, minacce e pressioni.
Nel mirino degli investigatori c’e` soprattutto – ma non solo – la Porto Lavagna spa, che dopo il fallimento della Cala dei Genovesi ha vinto la concorrenza della cordata ligure ed ha preso in mano la struttura. Un intervento gestito da un imprenditore americano di origine albanese kosovara, Roc Jack Mazreku, 71 anni e una modesta dichiarazione dei redditi risalente al 1992-1993. Abbronzato, elegante, energico, un paio d’anni fa Mazreku mise sul piatto della bilancia 56 miliardi frutto di un clamoroso finanziamento garantito da una semplice lettera del direttore della banca, che invitava a fidarsi dell’uomo perche´ lo conosceva personalmente ... Il punto e` che la spa avrebbe venduto il mare, per dirla in due parole: avrebbe cioe` offerto e piazzato a titolo definitivo spazi che in realta` sono appunto di proprieta` del Demanio. Perche´ il postobarca e` un bene demaniale, mentre secondo il Nucleo regionale di Polizia Tributaria, nei contratti di locazione della nuova gestione veniva concepito come diritto di superficie. Alla Porto Lavagna replicano sdegnati che le cose sono assolutamente in regola, e citano i pareri favorevoli di funzionari del Ministro della Marina Mercantile, dimenticando che l’ufficio legislativo dello stesso ministero si era espresso con un parere completamente diverso. Ma non e` solo questo, il punto.
Nel guazzabuglio di contratti, diritti e fantomatici permessi, la societa` che faceva capo a Mazreku si sarebbe dimenticata di dichiarare alle tasse quanto effettivamente incassato dai diportisti: avrebbe preso cioe` una determinata somma – vendendosi un diritto non suo, insistono le Fiamme Gialle – ma di fatto ne avrebbe fatta risultare un’altra, quella appunto della tradizionale locazione. In tutto fa 32 miliardi di lire in nero. Sui verbali si scrive “frode fiscale”.
Ed e` questa l’ipotesi formulata dagli investigatori, insieme a quella di truffa aggravata.
Qualcuno avrebbe convinto i proprietari dei posti barca ad accettare quelle condizioni con ogni mezzo a disposizione, lecito o meno che fosse. La somma e` presto fatta: violazioni fiscali piu` mancanza di autorizzazioni piu` mancato accatastamento piu` truffa piu` frode, uguale sequestro preventivo. Confischiamo il porto che non c’e`, o meglio che non dovrebbe esserci, chiedono gli inquirenti.
La risposta delle Procure non si fara` attendere: non tanto quella di Chiavari, dove il procuratore Luigi Carli conferma le inchieste ma confessa l’incompetenza su certi temi, quanto quella di Roma legata alle questioni ministeriali e catastali, e soprattutto la Procura milanese, specializzata nelle materie fiscali e di bilancio. Le sorprese stanno per arrivare »;
il 13 giugno 2003 viene pubblicato un altro articolo su « La Repubblica – Il lavoro – Genova » – recante il seguente titolo: « Lavagna, lo scandalo della Cala indagati eccellenti nel porticciolo – Coinvolti un ex procuratore capo, un alto funzionario del ministero e un uomo d’affari »;
il suddetto articolo enunciava altresı`: « Un Ex procuratore capo della repubblica accusato di aver frodato il fisco per 16 milioni di euro; uno dei piu` alti funzionari del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, sospettato di aver stravolto regolamenti e legislazione per favorire una societa` , quella dell’uomo d’affari con contatti internazionali e banchieri pronti ad aprirgli linee di credito miliardarie.
Sono i tre indagati eccellenti nelle inchieste sul porto turistico di Lavagna. I 1.600 posti barca sono al centro di una contesa tra due societa` che reclamano il diritto a gestirne la concessione; la finanza ha scoperto che i moli e le opere a terra non sono mai state registrate sul catasto del Demanio marittimo e per questa ragione ne e` stato chiesto il sequestro preventivo;
e infine gli accertamenti del Nucleo Regionale di Polizia Tributaria hanno portato alla luce due filoni che procedono paralleli, ma spesso si sovrappongono; e che ipotizzano una maxi evasione fiscale e una presunta truffa »;
da circa due anni e` emersa sulla stampa e all’attenzione della pubblica opinione la gestione del porto turistico di Lavagna, con tutti i suoi problemi legati ad una situazione di disordine amministrativo, di contestazioni di tipo ambientalistico, di contenzioso connesso a varie questioni;
tuttavia l’inchiesta giudiziaria ha avuto inizio solo quest’anno –:
se non ritenga opportuno avere maggiori informazioni sui fatti narrati in premessa anche, eventualmente, servendosi dell’Ispettorato Generale. (4-07645)