Molte novità dal genovese...

Scritto da C.Abbondanza

 Tanto perché non esiste - come dice il Prefetto Romano e le altre cariche di nomenklatura - ci pare davvero un po’ troppo presente, questa cosa dal nome di cinque lettere impronunciabile: mafia.
Fatti di cronaca, indagini, azioni giudiziarie e dichiarazioni dall’Antimafia, per concludere sulle differenze tra Cupola e Cupola. 7 brevi capitoli per non restare troppo indietro nell’informazione che si vorrebbe non fosse divulgata...



Una cittadina, tra raffineria ed usura
La vallata dominata dalla Iplom di Busalla, quella dove malattie cancerogene hanno una diffusione abnorme rispetto alla media e dove operano non solo il “buon vecchio” Luigi Mamone (“noto professionista” come lo chiama qualche organizzazione sociale ma soprattutto “noto agli uffici” dell’antimafia), ma anche la nuora Ines (impiegata anche della EcoGe del consorte Gino) con la sua EcoTrans per i trasporti, continua ad essere oggetto di attività d’usura. Infatti tra un camion e l’altro che si muovo nella terra della Iplom (che “da tanto lavoro” come dicono Sindacati e Istituzioni, anche se sembrano molto esigenti, visto che vogliono operai con il pedigree…un lavoro che si passa da fidato padre a fidato figlio), con carichi di fusti proprio come quelli usati per i trasporti illeciti di cocaina – mista ad un altro toccasana: l’arsenico -, tra le tante banche che assistono ai traffici lungo le strade della vallata (in una concentrazione che manco nel centro della City lombarda), le attività d’usura restano una costante. Dopo gli arresti, le condanne ed i sequestri di varie attività commercial-imprenditoriali, del gruppo che gravitava attorno al Crescino Silvio (zio di Gino e cognato del Luigi, in quanto consorte della sorella Angela, vittima di “rapine in villa” mentre l’usignolo sembrava aver iniziato a cantare in una cella di Marassi e lo stesso era stato indicato dalla Collaboratrice di Giustizia proveniente dalla famiglia Mamone), noto nella torrefazione, a gennaio 2007 vanno in scena nuovi arresti per usura. Che sia l’aria?

Sulla via del mare: tra bar, circoli e…
Invece nella Valpolcevera, quella che abbiamo abbandonato per far sì che i turisti ‘ndranghetusi si potessero soffermare un qualche tempo in più nella “Genova dall’immagine ritrovata”, le cose strane continuano. Presunti nomadi si starebbero dedicando ad una delle tipiche attività della ‘ndrangheta: i rapimenti (per fortuna tentati e falliti). Certo con gli slavi anche parte delle comunità nomadi sono da anni manovalanza del sodalizio mafioso calabrese, ma perché rapire in una zona popolare? Nel mentre continuano le attività di riciclaggio con bar che aprono in buchi di pochi metri quadri e spese fisse di oltre 3.000 euro al mese (solo per affitto muri ed il mutuo per l’acquisizione della licenza dalla pizzeria storica - da qualche tempo passata ad un nuovo titolare - della neo arrestata per droga, ultimo caso della story familiare dei Fucci-Marechiaro, alias Camorra. Affari degni di un Drago, insomma, che fanno da cornice alle attività di spaccio e traffico di droga che sempre più coinvolge adolescenti come staffette per i rifornimenti e vede aree occupate abusivamente da depositi di materiali da cantiere edile o pastori (la classica storia da Ferro e Volpe, si potrebbe dire), e soggetti che usano anche spazi di quel tessuto associativo, che sono i Circoli, per nascondersi meglio, tanto poi se qualcuno, magari, non ci sta o vede cose che non deve, subisce un pestaggio in piena notte nella propria casa (ma tanto era solo una rapina finita male!?!).

Tra mare e porti…
Anche nelle acque spagnole ci si fa poi riconoscere. Una nave carica di droga è stata sequestrata dalle autorità, batteva bandiera finlandese e tra i marinai volete che mancassero anche dei liguri? Certo che no, una delle rotte principali dei rifornimenti è proprio quella che passa dalla Spagna, meta del “turismo d’affari” ‘ndranghetuso nostrano, proprio come il Canada o la Germania sono terra consolidata della ‘ndrangheta. Ma non ci si stupisca visto che proprio nel savonese, pochi giorni dopo, vi è stato un altro sequestro di sostanze stupefacenti lungo l’autostrada Milano-Savona. E poi dicono che mancano le infrastrutture?! Mica siamo a Gioia Tauro oggetto dello sfogo della manager genovese, legata alla Germania per affetti, perché, secondo la Signora , il dramma che compromette lo sviluppo del porto calabro è lo sciopero, mica la mafia a cui, ancora pochi giorni dopo lo “sfogo” è stato sequestrato un carico di armi e droga. No la mafia non esiste, vogliamo mettercelo in testa!?

Si sacrificano sempre…vizio di Famiglia
Intanto anche l’emergenza ambientale della Stoppani continua a tenere banco. Se i Mamone con la loro immobiliare Feal e la ditta EcoGe non vedono l’ora di poter prendere in carico l’area, bonificarla e farla rinascere, senza alcun introito ed alcuna garanzia (che persone “caritatevoli”, volte al “sacrificio” per il bene di ambiente e cittadini, cosa talmente strana che anche l’ex sindaco di Cogoleto e consigliere regionale, Luigi Cola, si è accorto che la cosa puzza alquanto), si vedono le Istituzioni locali ed i Sindacati in prima linea a sostenere il “sacrificio” di questa famiglia, chi come i Sindacati perché “l’importante è l’occupazione” e chi come le Istituzioni perché “l’importante è l’ambiente”. Peccato che la bonifica doveva essere fatta entro il 2003 e siamo solo al 2007 e peccato che la EcoGe che se, indubbiamente, ha di appalti nel settore un record assoluto di aggiudicazione, lo stesso sia direttamente proporzionale alle aree posto sequestro ed alle contestazioni per reati ambientali, quando non per disastri ambientali. Ma queste sono bazzecole, d’altronde non hanno avuto anche l’incarico per le acciaierie di Cornigliano? Certo che sì e guada caso in una cava sopra Pegli cosa trovano i Carabinieri? Proprio i resti di residui di colate d’acciaieria, unitamente ai residui dello smantellamento di Euroflora, che era seguito proprio, pure quello, dalla EcoGe (che dichiara di avere tutti i documenti per dimostrare lo smaltimento regolare, quindi cosa si va a vedere il materiale effettivo, d’altronde si sa basta un’autocertificazione per la normativa antimafia, figuriamoci per i rifiuti se non basta una carta). I casi della vita!? Per fortuna sembra che il Ministero dell’Ambiente voglia il sequestro dell’area, così divenuta pubblica potrà essere bonificata e riutilizzata senza speculazioni e soprattutto non sul modello dell’area di San Biagio (ex Erg) dove ora sorge l’IperCoop e che ha visto la seconda bonifica ordinata dal Tribunale per insufficienza della prima, ridotta ad una colata di cemento alto circa due metri per “bloccare” l’arsenico ed altri nocivi imprigionati nel terreno. Chissà se vincerà la prospettiva di vantaggio per una Famiglia o quella a tutela dei residenti di quella zona? Chi vivrà vedrà!

Quante “spremute” salutari nei bar…

Ma meno male che ci sono i bar, dove le attività della nuova economia creativa, usura – riciclaggio – gioco d’azzardo, hanno tanti volti e pochi confini, ben protette da una ingiustificata paura, omertà o forse quella folle sindrome di Stoccolma, quando non da complicità anche tra i soggetti civici preposti al controllo. Qui è Cosa Nostra che si contraddistingue, oltre alla immancabile ‘Ndrangheta che predilige sempre di più i locali notturni. I primi, i siciliani, la vedono, oltre che come strumento di riciclaggio, soprattutto come strumento per gestire al meglio il gioco d’azzardo e delle scommesse clandestine, dai Finadaca agli intramontabili Maurici, tra una partita e l’altra della squadra di pallone della vecchia o della nuova “Riesi-Certosa”. I secondi (non per inferiorità), i calabresi, vedono il mondo dei locali notturni adatto all’altra attività, svolta con le mafie dell’est, quella dello sfruttamento della prostituzione. Poi ci sono terreni comuni di infiltrazione, bar ufficiali o bar-locali mascherati da Circoli, dove lo spaccio di droga è abitudine e le piste di cocaina diventano più semplici da trovare di un classico aperitivo, magari con l’aiuto di qualche agente corrotto della Narcotici, purtroppo. Ma tornando all’usura, oltre a quella delle famiglie di mafia, troviamo, sempre più organizzata, quella mascherata da imprese, accordi commerciali che strozzano i titolari, li riducono sul lastrico per poi portargli via (extra legge o per via legale) il tutto, da gestire con qualche prestanome sempre collegato alla ditta-madre o addirittura con una ditta apposita che ripropone il gioco affittando il “ramo d’azienda” ad ignari speranzosi di un affare che si ritroveranno a breve spolpati e cacciati. Ma questa pratica è sottile, si sa: sono accordi tra imprenditori, mica tra benefattori. E così diventa difficile perseguirli, nonostante le visure camerali dimostrino persino i rapporti tra presunte vittime creditrici di fallimenti con organizzatori scientifici dell’estorsione finalizzata al “fallimento” della vittima reale, che viene così persino screditata e messa alla berlina. E poi non vogliamo mica ammettere che il crimine economico, quello con dietro il nuovo volto incravattato della mafia o quello dei falchi cannibali dell’economia nostrana, esista d’avvero? Diavolo, sarebbe come dire che se esistono i furti di cisterne di gasolio significa pure che i benzinai (ed i fornitori) di quello o questo marchio poi se ne servono per vendite in nero esentasse, magari prima degli scioperi, e praticamente tutti sotto una sola grande vela che li protegge e che guarda caso è la stessa vela di un colosso, amico di tutti i potenti, il gruppo Gavio. Che sia una vela tarroccata? Chissà, intanto dai bar siamo finiti alla benzina ed alle autostrade, ai trasporti… che strano mondo. Ma torniamo all’origine del discorso, quello dei bar usati per piazzare gioco d’azzardo o droga. Bene proprio a San Fruttuoso, quartiere del centro genovese, che scorrendo le visure camerali si nota come sia al centro di investimenti di riciclaggio ed infiltrazione nel tessuto commerciale delle mafie italiane (oltre che oggetto di confisca recente di uno dei beni di Cosa Nostra), è stato  arrestato un Lazzaro-ne che utilizzava il suo bar come copertura della sua attività: lo spaccio di stupefacenti.

La DIA di Genova verso nuove confische…
Un valore di oltre due milioni di euro tra auto, ville, moto, negozi, conti correnti e titoli d’investimento, sequestrati in Toscana (in provincia di Massa) e Campania (in provincia di Napoli) al clan Di Donna, al capo Vincenzo Di Donna ed al sodale Michele Pirozzi, già detenuti per reati commessi nella terra della Lunigiana e riguardanti settori tipici dell’attività mafiosa, quali: detenzione di armi, traffico di stupefacenti, estorsione, gioco d’azzardo (videopoker) e sfruttamento della prostituzione. Ma che si mettono a fare questi uomini dello Stato, sequestri e confische? Ma non lo sanno che sequestrando e quindi, poi, confiscando i beni alle mafie, questi devono essere riutilizzati a fini sociali? Non è più pratica del tempo odierno, si sà, la Mafia non ama mai restituire il maltolto e certe Istituzioni, come quelle genovesi, ad esempio, non amano dover rendere pubblico che vi sono beni, magari in piano Centro, come in aree pregiate o quartieri di gente bene, oltre che nelle periferie o in località turistiche, confiscati alla mafia, non solo perché sembrerebbe come un’ammissione sul fatto che le mafie ci sono e sono attive (dopo tanta fatica per negarlo!) e poi, soprattutto, perché dovrebbero attivare procedure di assegnazione trasparenti e pubbliche, dovendo rinunciare alla “nuova pratica a umma umma”: lo dico solo a te che te lo pigli, naturalmente con la massima riservatezza, poi ci si mette d’accordo. Si sa, l’hanno già tentato in tanti di cancellare la Legge Rognoni-LaTorre voluta e difesa da Libera di don Luigi Ciotti. Se si evitassero le confische non ci sarebbe bisogno di modificare la legge, rendere la procedura di assegnazione e riutilizzo ancora più lente, si eviterebbe di rendere noto che la mafia c’è e soprattutto non si doveno fare salti mortali per cercare di restituire i beni confiscati alla mafia stessa o rischiare brutte figure tenendoli bloccati per non disturbare troppo chi dalla confisca ha avuto un gravoso danno, la mafia. Chissà perché noi speriamo, invece, che le confische che con duro lavoro la DIA e gli altri reparti, con la magistratura, infliggono alle cosche continuino e che la mafia trovi sempre più grave “danno” dalla Giustizia, perché ciò è a tutto ed esclusivo vantaggio dello Stato, della Comunità e cioè dei più deboli e dello sviluppo.

C’è Cupola e Cupola…

Nel frattempo in Commissione Parlamentare Antimafia, nelle audizioni di Piero Grasso, procuratore nazionale antimafia, dopo le rivelazioni sulle infiltrazioni nelle tifoserie di Genoa e Sampdoria della ‘ndrangheta per spaccio di droga e scommesse clandestine, Genova e la Liguria tornano più volte, quasi in ogni seduta, anche se si parlava di Calabria e Campania. E non si tratta di errore dovuto a insufficienza nella conoscenza geografica, anche qui, anche se i giornali tacciono e le istituzioni sfuggono, è perché la Liguria e Genova sono al centro delle attività delle organizzazioni mafiose campana e calabrese (oltre di quelle di Cosa Nostra ed altre straniere). E se di ‘ndrangheta abbiamo già parlato, vogliamo mica lasciare innominata la Camorra che qui si è quasi meritata una fiction televisiva per il clan dei Marechiaro? Assolutamente no, ignari del fatto che la mafia qui non esiste, secondo dicktat di nomenklatura, nel senso che c’è ma non bisogna dirlo altrimenti la si disturba, Beppe Lumia e Piero Grasso ricordano che Camorra e ‘Ndrangheta nel settore dei rifiuti sono molto attive soprattutto in certe regioni quali soprattutto: “Liguria, Umbria e Basilicata - posti dove c'è poca attenzione per certi fenomeni - si sono infiltrati nel settore dei rifiuti” secondo Piero Grasso che comunica che oltre un centinai di persone sono sotto indagate in 17 indagini complessive e che per la Liguria cita proprio “Genova”. Ecco ma questi sono fatti, non opinioni, è la realtà non la poesia della nomeklatura, perché mai bisognerebbe scriverla, renderla pubblica ed affrontarla? No, qui va sempre tutto bene, tutto, dal tempio alle decisioni, è ben “coperto”, con fatica di migliaia di “liberi muratori” che si sono prodigati per arrivare dove sono, a pochi mesi dalle elezioni, unica occasione in cui il potere torna ai cittadini, vogliamo mica scoprire le carte? Certo che sarebbe un oltraggio che farebbe anche danno alla “Cupola” di cui ci ha parlato Pierfranco Pellizzetti su Il Secolo XIX e che dimostra, in fondo, che non è questione di classe (sociale o intesa anche come stile), perché le quattro teste sono delle più disparate classi, appunto, i due Claudio – Burlando (il dalemiano) e Scajola (il berlusconiano) – con Pericu Giuseppe (il craxiano) e il “lord” Berneschi Giovanni (che quando lo si sente parlare ed argomentare sembra proprio siano state abbattute tutte le barriere ed anche un balbuziente cinese possa divenire damblè lo speaker della regina del Regno Unito). Sarebbe come scoprire il segreto della banda del Vittorino, sempre di Genova, mica una gang di ragazzi di strada, bensì quelli dei colletti bianchi, uniti per la vita e sempre ben protetti dallo sguardo del grande occhio (che non è quello di Tolkien), ma quello che dai tempi del potente Paolo Emilio Taviani hanno attraversato (da dentro) tutte le stagioni, passando indenni anche dallo scandalo del teardismo piduista e mafioso per arrivare ai giorni nostri.

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