Alberto Teardo, torna per mentire. E noi lo sbugiardiamo.

Alberto Teardo, torna per mentire. E noi lo sbugiardiamo.

Mercoledì 12 Giugno 2013 22:20 Ufficio di Presidenza
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Alberto Teardo, fa lo gnorri, rinfreschiamogli la memoria.Trent'anni son passati dallo scandalo Teardo. L'uomo che aprì le porte del potere politico, in terra di Liguria, agli uomini della 'ndrangheta. L'uomo che perfezionò un “sistema” di potere corrotto, capace di distorcere le regole democratiche e l'economia, con mafiosi e faccendieri. Alberto Teardo è stato il fulcro, non un “passante” o partecipe occasionale, di quel sistema e di quei rapporti indecenti. Lui era l'uomo chiave di quell'associazione a delinquere messa, prima alla sbarra e poi in carcere, con condanna definitiva, dall'indagine di rigorosi e coraggiosi magistrati quali Francantonio Granero e Michele Del Gaudio.
Torna sulla scena pubblica, con , per professare la sua innocenza. Insomma, Alberto Teardo, che con i suoi fedeli uomini ed il sistema da lui “collaudato”, non ha ancora smesso, da trent'anni di soffocare questa regione, cerca di prendere, ancora una volta in giro la comunità a cui si rivolge. E noi lo sbugiardiamo, speriamo una volta per tutte, così che Taardo trovi finalmente la via della vergogna che è l'unica che dovrebbe imboccare e mai abbandonare...

Alberto Teardo dice che non sa nulla dell'attentato all'impresa Damonte. Dice che era una questione tra imprenditori. Ma se quell'esplosivo usato, per quell'attentato, da quanto ci risulta, arrivava direttamente dalla cosca dei GULLACE-RASO-ALBANESE e, più precisamente dai FAZZARI-FILIPPONE legati al Carmelo GULLACE... Teardo ci vuole raccontare del “conflitto” tra privati? Non ricorda il FILIPPONE Francesco? O Teardo è stato colpito da una demenza senile che gli ha cancellato la memoria, oppure, più probabilmente, mente sapendo di mentire, visto che il Francesco FILIPPONE, legatissimo al boss Francesco FAZZARI e cugino (e sottoposto) del boss Carmelo GULLACE (detto Nino e Ninetto), era uno dei principali attori dell'edilizia popolare emanazione del Potere teardiano...

E' quel business che si aggirava sui 33 miliardi, di cui un buon 10% finiva in mazzette, che fece etichettare il clan Teardo, dall'allora Procuratore Generale, nella sua requisitoria, come “Predoni, voraci come tèrmiti”.

Le “stecche” usate per colpire la Damonte partivano dalla cava di Borghetto Santo Spirito, dove di esplosivo ne girava tanto... Quell'esplosivo era lo stesso di altri attentati, come quello alla C.E.L. di Canale Cesarino (facevano calcestruzzo, bitume... a Borghetto)... quella CEL che poi è finita fallita e, dal Tribunale di Savona, vide il proprio impianto e la manodopera passare, per alcuni anni, nella cerchia di Francesco FAZZARI...

Quell'attentato alla Damonte era proprio dello stesso “stile” di quelli che colpivano, insieme ai furti e danneggiamenti minori, le varie imprese ed i cantieri su cui i GULLACE-FAZZARI puntavano gli occhi. Attentati che, di colpo, cessarono quando il Filippo FAZZARI, dopo un rinvenimento di esplosivo - proprio nella Cava di Borghetto Santo Spirito (più nota come “Cava dei Veleni”) - fuggi in Spagna (dove ha attivato una nuova impresa, la "TERREX PERFORACIONES S.L.", con il falso nome di “Fazziri Felippo”, e venendo a lavorare, guarda caso nel savonese, oltre che, anche, in Lombardia).

E Teardo vuole raccontarci che nulla aveva a che fare con quel FILIPPONE Francesco che, proprio in tale cosca, muoveva allora i suoi passi? Dopo le prime costruzioni fatte in proprio dal duo GULLACE-FILIPPONE, a Cenesi, il GULLACE si dedicava – ben protetto dalle “coperture” fornite dal Francesco FAZZARI ed affini, per finire poi, in un portabagagli d'auto, latitante in Costa Azzurra - a gestire ed organizzare l'attività criminali della cosca tra Calabria, Liguria e Piemonte. Ed il FILIPPONE a cosa si dedicava? Teardo lo sa bene ma fa lo gnorri... fa finta di non sapere delle costruzioni delle Case Popolari. Partita giocata proprio dal FILIPPONE, ad esempio, con le lottizzazioni ai Piani di Imperia e Lusignano d'Albenga...

E non ricorda nemmeno le concessioni della Regione Liguria che arrivavano, in quegli anni, e si mantenevano intatte nel tempo, per le cave della 'Ndrangheta? Proprio come quelle concesse ai FAZZARI-GULLACE... Concessioni che gli hanno garantito coperture e possibilità di promuovere e perpetuare, con la complicità di grandi imprenditori savonesi, il business dei traffici illeciti dei rifiuti tossico-nocivi... accumulare ricchezza, acquisire appalti, riciclare denaro sporco, intriso di sangue e dolore delle vittime.

Non si ricorda nemmeno, il Teardo condannato perché colpevole, dei suoi fedeli uomini che, con lui, e dopo di lui, hanno perpetuato nel divorare il territorio, con colate il cemento senza fine, facendo fruttare, così, quel “tesoro” che dice che non esisteva...

Vogliamo rammentarci del Giovanni NUCERA, il cui impero, poi passato al figliolo Andrea NUCERA (ora latitante) ora crollato grazie alle inchieste della Procura? Ebbene chi ha spianato la strada all'impero NUCERA? Proprio il clan Teardo... da allora in avanti, sino agli anni scorsi, NUCERA, nel savonese, era un tandem con l'ARTE, l'erede dello IACP. Non ricorda nemmeno la grande lottizzazione de "Il Faro" ad Andora, per fare un esempio ulteriore? E vogliamo parlare dell'altro grande costruttore BARBANO? Re-incontrato, nei tempi più recenti, con il movimento “Alpazur”... ed in prima fila nell'affare del mattone nel savonese con la ALFA-COSTRUZIONI che, per citare una delle principali ultime opere, era al fianco di UNIECO, per l'operazione di via Stalingrado, che tanto lavoro ha portato ai FOTIA, indicati dai reparti dello Stato, come terminale locale della cosca MORABITO-PALAMARA-BRUZZANITI, a cui sono legati ed imparentati sino al midollo.

Ma andiamo oltre. Passiamo oltre alla questione “edilizia”. Passiamo a quella dei “liberi muratori”. Si, perché Teardo era uomo non solo di punta del PSI e non solo il primo Presidente di una Regione del nord Italia che comprava, come meglio vedremo pià avanti, i voti della 'ndrangheta e si spianava la strada con metodi tipicamente mafiosi, ma era, anche, massone, “iniziato dal Gran Maestro SALVINI”.

Teardo era iscritto alla P2. Nella lista sequestrata al Gelli, a Castiglion Fibocchi, c'era lui: “dott. Alberto Teardo (Albissola, 341)”.
Non solo. Come ha confessato lo stesso Teardo (che ora fa lo gnorri) uno dei finanziatori della sua corrente nel PSI era il capo zona della P2 William ROSATI.

Ed a Savona (ma più in generale in Liguria, specchio della Calabria) la massoneria pesava (e pesa). Tra Logge ufficiali e Logge coperte, dove si incontravano (e si incontrano) pezzi dello Stato, capisaldi del mondo imprenditoriale e politico, faccendieri e mafiosi. Si, in allora, già allora, in quell'ambiente, nel savonese, pesava, ad esempio, uno degli uomini della cosca dei PIROMALLI e dei GULLACE-RASO-ALBANESE, quell'Antonio FAMELI che ormai, di nuovo, come NUCERA, dopo le nostre denunce, con il ritorno di Francantonio Granero alla Procura di Savona, è, finalmente, giunto al capolinea.

Ed Alberto Teardo, oltre alla P2, condivideva con molti dei suoi uomini, anche la Loggia Coperta MISTRAL, come evidenziato nell'inchiesta che lo ha portato alla condanna ed al carcere.

Ma passiamo ancora oltre, andiamo nella città fulcro del Piana savonese, Albenga. Qui, a smentire il “conflitto” con i “comunisti” che Teardo cerca di far apparire, c'è il rapporto proficuo con il “comunista” Angelo VIVERI. Citiamo un caso, di questa terra diventata una delle “capitali” della 'ndrangheta, proprio di quei GULLACE-RASO-ALBANESE di cui abbiamo già parlato, per rinfrescare la memoria perduta di Alberto Teardo. Un caso emblematico perché rappresenta il punto di incontro, negli affari, di quell'ambito del mattone, di cui abbiamo trattato, che coinvolge, guarda caso, molteplici uomini del gruppo di Teardo. Sono le costruzioni in Lusignano del Comune di Albenga (remember FILIPPONE?), con parte della societa' ICOMAR di proprietà del vecchio NUCERA... Un complesso di 130 appartamenti, in un'area che un tempo era agricola, che si evidenziò acquistata dall'ex Sindaco di Albenga TESTA (coinvolto nell'inchiesta sul clan Teardo) e che vide, poi, con il sindaco VIVERI, modifiche al PRG ed una nuova Commissione Edilizia che, guarda caso, approvò la maxi lottizzazione.

Già questo basta ed avanza a sbugiardare quel caso conclamato di disonestà fatta a persona, ovvero il Teardo. Ma noi andiamo avanti. E gli ricordiamo degli affari comuni, degli uomini del suo clan, con le cooperative “rosse” che rappresentavano parte del PCI. Una fetta per tutti, con il clan Teardo, che molto spesso, come in un caso in Albissola, vedeva gare da annullare che invece venivano assegnate come se tutto fosse regolare. Un meccanismo semplice: un parere! Bastava un parere esterno per far sì che l'assegnazione fosse fatta in sfregio al bando. E quel professionista chiamato dal Comune (dalla Giunta legata al Teardo), magari era uno dei consulenti e compagni di partito di Teardo, come, ad esempio, fu Giuseppe Pericu, cresciuto con lui, Ligato e Necci, e rilanciato poi, dopo il terremoto di Tangentopoli che travolse il PSI, da Claudio Burlando, suo erede alla Presidenza della Regione Liguria.

Ma ora passiamo al dunque. Al punto centrale. Alla vergogna delle vergogne, che ancora di più dovrebbe imporgli di tacere e guardare basso quando cammina: i voti della 'ndrangheta.

Sì, Alberto Teardo comprava i pacchetti di voti dagli uomini della 'NDRANGHETA. Inconfutabile è il legame e compromesso con il boss Giuseppe MARCIANO' che da Ventimiglia e Vallecrosia, nell'estremo ponente ligure, si coordinava benissimo con i sodali-vermi del savonese (come ha fatto sino ai più recenti anni, sino all'esecuzione nel dicembre scorso dell'Operazione “LA SVOLTA”) quali, su tutti, il Carmelo “Nino” GULLACE. Così come si sono evidenziati i rapporti del “tesoriere” di Teardo con gli SCRIVA e gli STEFANELLI, con la loro roccaforte a Varazze, allora come oggi. Teardo scese anche ad un matrimonio, presenziato da "tanta gente armata", a Lamezia Terme... ma si deve essere dimenticato quell'ambiente così familiare... 

Ebbene, nella Sentenza di condanna del Tribunale di Savona del 8 agosto 1985, che Teardo farebbe e bene a rileggersi come le altre carte che lo riguardano, così da evitare pessime figure da bugiardo patentato, si legge, ad esempio:
“Accanto al partito va ricordato il “CENTRO AZIONE DEMOCRATICA 2” - in sigla C.A.D. 2 – il quale ha rappresentato una struttura ulteriore, ed esclusiva, a servizio del TEARDO e del suo gruppo, a tal fine creata ed a tal fine operante.
(…)

Il C.A.D. 2 si rileva quale struttura particolare, caratterizzata da una proliferazione di cellule organizzative capillari che assumono valore sintomatico della tendenza espansiva dell'associazione; esso aveva ramificazioni a Roma, Genova e Ventimiglia: le prime due si pongono in chiara connessione geografica con i luoghi di esplicazione dei più alti livelli dell'attività del TEARDO; quanto al CAD di Ventimiglia, va ricordato che proprio quella zona era per il TEARDO un serbatoio di suffragi elettorali letteralmente “comprati” con pagamento in contanti per il mezzo di Peppino MARCIANO'.
(...)”

Andiamo avanti. Ancora qualche passaggio perché così Alberto Teardo chi non lo conosce ancora, lo conoscerà per dati e fatti e non per le balle che racconta, mostrandosi povera vittima.

In un Ordinanza di Custodia Cautelare del 1994, a carico di diversi 'ndranghetisti, il GIP del Tribunale di Genova scrive:
“Del resto nel processo di Savona nei confronti di ALBERTO TEARDO ed altri emersero consistenti versamenti di assegni effettuati da MARCIANO’ a favore di TEARDO.”
Ed ancora:
“il collaboratore “X” ha riferito (interrog. del 31.1.94) che in occasione di una precedente consultazione elettorale nazionale era partito dal “locale” di Ventimiglia un ordine di scuderia -di appoggiare il P.S.I. ed in particolare l’elezione del suo leader regionale, ALBERTO TEARDO;
- il medesimo collaboratore, nell’interrogatorio citato, ha riferito che per le elezione politiche del 1992 l’indicazione dell’organizzazione mafiosa calabrese era per il voto al candidato CATRAMBONE di origine calabrese, da identificarsi nell’avv. GREGORIO CATRAMBONE che, di fatto, in quelle elezioni, ottenne, pur senza esser eletto (fu il primo dei non eletti della lista del P.S.I.) un ottimo risultato di preferenze nel ponente ligure”.

Ed allora, ecco, da qui, l'ennesima prova conclamata che il “sistema Teardo” non è morto, purtroppo, con la condanna definitiva e con gli anni di carcere. E' un sistema che è andato avanti. Era un vero e proprio blocco di potere politico-mafioso che, dai tempi in cui Teardo era in ascesa, sino alla sua caduta ed oltre, ha continuato ad affermarsi e soffocare questa terra di Liguria.

Su una cosa ha ragione, Teardo, nella sua intervista a Il Secolo XIX: oggi è ancora peggio di allora! Si, grazie a lui ed agli uomini del suo clan. Grazie a quel blocco di potere che, sdoganata la 'ndrangheta, rilanciato l'uso perverso e deviato della massoneria, inquinato l'economia ed il mercato, ha perpetuato nella gestione del territorio, dell'attività economica e della Pubblica Amministrazione, con volti diversi, con partiti diversi, perfezionandosi.

Se la comunità ligure si è dimenticata in fretta di quell'associazione a delinquere di stampo mafioso, contestata dalla Procura di Savona di allora, con Granero e Del Gaudio, loro, il clan, hanno adottato gli anticorpi per sopravvivere e rivivere, complice, anche una magistratura in cui, per lunghi anni, ha visto prevalere chi non vedeva, chi non voleva vedere... quanti, anche negli alti livelli del Potere Giudiziario, avevano già tentato di fermare Francantonio Granero e Michele Del Gaudio. Se allora i due coraggiosi magistrati non hanno ceduto alle pressioni, se in allora riuscirono a far fronte a talpe e collusioni indecenti, dopo la vittoria con la condanna di Teardo, altri magistrati hanno preferito una vita tranquilla, senza andare a scontrarsi con quel “sistema” ed i suoi vecchi e nuovi protagonisti.

Oggi a trent'anni da allora, partendo dallo sbuguardare il Teardo, occorre davvero chiudere la partita e schiacciare, definitivamente, quel blocco di potere politico-mafioso, figlio di Alberto Teardo!

P.S.
Teardo dice che ora si diletta di "cinema"... non sappiamo come se la cavi in questo... ma come "regista", palese od occulto, abbiamo visto che non ha mai cessato il proprio impegno, grazie a quel blocco di potere politico-mafioso che ha costruito prima della galera. E questo "cinema" onestamente merita di essere chiuso. Una volta per tutte!


P.S. 2
Poi, per rinfrescare la memoria del Teardo, ci sono anche le intercettazioni del Peppino MARCIANO' che racconta come riuscì a farla franca nonostante la colpevolezza per i voti venditi al Teardo... 

Trascrizione di conversazione telefonica nr. 2983 del giorno 06/07/2011 alle ore 09:39
intercettata all'interno dell'autovettura Fiat punto in uso a MARCIANO' Vincenzo classe 1948.
Interlocutori: MARCIANO' Vincenzo classe 1948 - ALLAVENA Omar e MARCIANO' Giuseppe
(...)
MARCIANO’ G. continua a raccontare episodi passati relativi al vecchio processo che lo vide assolto per non avere commesso il fatto. MARCIANO’ G. menziona il nome di GRANERO indicato come Procuratore capo nella vicenda TEARDO. MARCIANO’ G. racconta come in questa vicenda riuscì ad uscire pulito producendo, durante il processo a Genova, della documentazione e indicando testimoni in suo favore che lo misero al riparo dalle accuse mosse da un sottufficiale dei CC il quale contestava l'esistenza di un assegno da due milioni di lire quale compenso ricevuto dal MARCIANO’ G. in cambio dell' approvvigionamento di voti ( ndr vicenda TEARDO, MARCIANO’ G. era accusato di avere ricevuto soldi in cambio di voti). MARCIANO’ G. specifica trattarsi del Maresciallo di Bordighera quello grosso, sospeso a seguito di questi fatti, il cui figlio ha un'agenzia sotto AGNESI; ALLAVENA aggiunge che la moglie lavorava in banca, MARCIANO’ G. specifica che la moglie faceva la "buttana", ALLAVENA conferma. MARCIANO’ G. prosegue il racconto: dice che il Maresciallo produsse un assegno da due milioni di lire come prova; Lui invece disse che c'erano in realtà 26 assegni da 15mila lire, relativi ai pagamenti di tutte le volte che mangiavano da lui ma tali assegni non vennero prodotti. MARCIANO’ G. precisa che era al corrente della strategia investigativa del Maresciallo e delle accuse a lui mosse grazie al fatto che l'uomo aveva una relazione extraconiugale con la moglie di Antonio MEZZATESTA, Maria. MARCIANO’ G. spiega che la donna in un occasione ebbe modo di aprire la valigetta che il maresciallo aveva lasciato incustodita sul letto e vide tutte le carte relative al suo procedimento penale. Maria avvisò subito MARCIANO’ G. dell'attività in corso. MARCIANO’ G. in questo modo, dice, potè recarsi da tale AGNESI, verosimilmente un commercialista dell'epoca, e dirgli di preparargli tutti gli assegni relativi ai pagamenti dei pranzi consumati al Casablanca. AGNESI li preparò. Quando fu il momento di difendersi e di giustificare possesso e provenienza dell'assegno di due milione di lire che gli veniva contestato, MARCIANO’ G., sottolineando il fatto di non essersi avvalso di alcun avvocato, disse che tale assegno era frutto di una colletta di soldi, raccolti con quote di 100 mila lire a testa, per un totale di venti persone, da devolvere ai familiari di un uomo di Riva Ligure che era morto in un incidente col trattore in campagna, tale Pasqualino Stefanè ( Stefanelli?). MARCIANO’ G. aggiunge anche che un fratello di Pasqualino era stato ammazzato. Prosegue quindi nel racconto della vicenda dicendo che, durante la sua arringa, dopo avere giustificato la provenienza dell'assegno quale frutto di una colletta di soldi contanti, disse di avere commesso un unico sbaglio: anziché consegnare i contanti all'uomo, diede i soldi a ELIA Angela la quale li versò e si fece fare un assegno a suo nome per non tenere i soldi liquidi e che la cosa poteva essere verificata chiedendo direttamente alle persone che avevano contribuito alla colletta. Il giudice gli chiese come mai gli voleva dare quei soldi e MARCIANO’ G. rispose che l'uomo morto nell'incidente aveva nove figli e il suocero andò da lui a chiedergli se poteva dare un aiuto economico alla famiglia. MARCIANO’ G. giustificò così anche la causale e il passaggio dell'assegno dicendo di averlo consegnato all'anziano e di non sapere poi se questi lo avesse poi cambiato o girato a uno dei fratelli del defunto. MARCIANO’ G. specifica che in realtà lui a questo fratello ( di cui non fa il nome) ci aveva già parlato e si erano messi d'accordo per dire che non si conoscevano. Così fu chiamato anche questa persona a cui chiesero chi gli avesse dato l'assegno e l'uomo rispose che lo aveva avuto dal suocero del fratello defunto. MARCIANO’ G. ribadisce di avere detto al giudice che la sua mancanza consisteva nel non avere dato i soldi contanti al suocero e di essersi fatto fare l'assegno. Il giudice poi gli chiese conto dei viaggi che faceva con TEARDO a Savona ma MARCIANO’ G. dice che rispose solamente che quando arrivavano a Savona TEARDO spariva. MARCIANO’ G. termina il racconto dicendo che alla fine del processo, il Maresciallo che non aveva operato come avrebbe dovuto, venne mandato via mentre lui fu assolto con formula piena. MARCIANO’ G. spiega che il procuratore capo era GRANERO(I?) persona che ancora oggi sostiene che il MARCIANO’ G. da sempre è implicato con le vicende di voti di scambio; il pubblico Ministero un certo RUFFO e che il presidente del Tribunale alla fine del Processo, dopo averlo assolto gli strinse la mano e gli disse avanti al PM che se avesse continuato a comportarsi come fatto fin'ora nessuno gli avrebbe mai potuto fare del male.


Forse ora, ripercorso il tutto, con in ultimo questa intercettazione, dovrebbe essere evidente a tutti che Teardo deve andare a nascondersi, vergognarsi e possibilmente chiedere scusa e confessare tutto quanto non ha mai confessato... finendo lì, la sceneggiata del professarsi innocente!
 



Torniamo, come abbiamo già fatto, ad invitare alla lettura di uno scorrevole e chiaro libro che riguarda proprio quegli anni e che, leggendolo, ci fa comprendere che non si è imparato, come liguri, nulla da quella vicenda. E' il libro "La toga strappata" di Michele Del Gaudio.
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