20.03.2007
Lettera aperta al Direttore de l'Unità sui fatti dei casi Fortugno-Asl-Laganà
(inviata a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., ricevuta e ora in attesa di pubblicazione)
Egregio Direttore,...
la presente per domandarle se anche l’Unità, a parte gli articoli di Marco Travaglio, in tema di legalità abbia deciso di assumere la pratica dell’abolizione dei fatti per lasciare esclusivo spazio alle opinioni disancorate dai fatti.
Questo, perché leggendo l’articolo di Enrico Fierro del 19.03.2007, appare evidente che le opinioni fantasiose vengono accuratamente imbastite per sostituire e smentire i fatti reali, concreti. Nulla di male vi sarebbe stato se il “giornalista” (scusi le virgolette, ma a questo punto sono d’obbligo), avesse titolato: “la mia opinione, indipendentemente dai fatti”. Invece il cosidetto “giornalista” afferma che la sua opinione siano i “fatti” e che Elio Veltri straparli, arrivando persino a sostenere che questi fa il gioco della mafia.
Ora: noi conosciamo Elio Veltri e per questo lo stimiamo, ed inoltre conosciamo molto bene i “fatti” che il vostro “giornalista” ha volutamente omesso, o storpiato, od anocora inventato di sana pianta sull’omicidio Fortugno (arrivando anche a cambiare i nomi di alcuni protagonisti di questo caso!).
Non solo Enrico Fierro parlando telefonicamente con noi, qualche tempo fa, ci disse che in Calabria è una situzione inquietante, in riferimento all’indagine sull’on. Laganà, aggiungendo che là è una guerra tra gruppi di potere. Bene, oggi apprendiamo che lui ha scelto di promuovere (con un ricamo di opinioni mascherate da fatti) un ben determinato blocco di potere. Certo, il fatto che l’On. Laganà sia indagata dalla Direzione Distrettuale Antimafia e sia al contempo componente della Commissione Parlamentare Antimafia, crea un problema ulteriore all’Unione. Questo fatto, non un inagine per truffa, ma come dicono i magistrati della DDA, un insieme di indagini sulle infiltrazioni mafiose nella Asl di Locri, è destabilizzante perché il conflitto di interessi è evidente (non soggettivo!), visti i poteri della Commissione Antimafia (non una semplice commissione!).
Noi abbiamo ricostruito tutti i fatti, assetticamente, abbiamo raccolto documentazioni. Se lo avesse fatto il vostro “giornalista”, con spirito indipendente e incline solo alla volontà di una corretta informazione, non avrebbe certo potuto arrivare a scrivere quel volgare (ripetiamo!) racconto di fantasia, corredato da invettive destituite di ogni fondamento dalla realtà, e che assume la forma di un articolo su commissione. Alcuni esempi, significativi, per non “rubare” troppo spazio.
1) Fierro cita la Relazione Basilone ma probabilmente non l’ha letta visto che in essa (ed è nella seconda parte che Elio Veltri con DemocraziaLegalità e noi, Casa della Legalità, abbiamo pubblicato) è evidenziato un passaggio che gli è sfuggito: la Commissione ritiene che per la portata (immane) dell’infiltrazione mafiosa nella Asl di Locri era necessaria la compiacenza dei funzionari dirigenti. Bene: la Signora Laganà era Responsabile del Personale (vice direttore sanitario) di quella ASL (il marito, primario, era da decenni in quella Asl, chiamato lì dal suocero Mario Laganà, potente democristiano vicino da sempre a De Mita), non era né una passante, né una semplice impiegata, bensì una funzionaria dirigente, con compiti e responsabilità definite dalla Legge.
2) I Marcianò ed i messaggi. I Marcianò hanno mandato inequivocabili messaggi davanti al Palazzo di giustizia. Alcuni di questi erano rivolti ai pentiti, della cosca dei Cordì, la stessa che sino all’altro ieri era difesa dall’Avv. Mazzone che oggi difende la signora Laganà. Alcuni di questi messaggi, invece, erano rivolti chiaramente alla vedova Fortugno, che ha negato di conoscerli, quando invece con il povero Franco erano amici intimi dei Marcianò arrestati (tanto da essere “compari d’anello” al matrimonio del figlio, del suo collega della porta accanto, Alessandro, cioè Giuseppe Marcianò, rispettivamente, non Santo e Peppe!). Altrettanto chiari sono i messaggi della signora Laganà: tentare di spaccare la magistratura e delegittimare chi indaga sull’Omicidio Fortugno e sulla Asl di Locri (e quindi anche su di Lei), con accuse generalizzate, prive di riferimento a fatti e persone, a cui hanno risposto egregiamente e seccamente anche l’ANM (di Reggio Calabria prima e poi la Giunta Esecutiva Centrale) ma questo a Fierro deve essere sfuggito.
3) Pansera incensurato? Pansera pesona per bene? Ci spieghi dove l’ha letta, siamo curiosi di leggerlo anche noi e scoprire che Provenzano e Riina sono Santi e Andreotti è stato assolto! Pansera il genero di “u tiradritto” in quanto marito della Giuseppina Morabito, collega - dalla carriera fulminante - alla ASL di Locri di Fortugno e Laganà, arrestato latitante in compagnia di Giuseppe Morabito (non Peppe!) capocosca dei Morabito-Palama-Bruzzaniti. Questo dicono i fatti! Come sempre i fatti ci dicono che comprò decine e decine di telefonini (con quali documenti e codici fiscali???) in un negozio di telefonia a Siderno (quello del povero Gianluca Congiusta che si rivolse non alla Polizia per la richiesta di pizzo, bensì alla cosca Commisso!) per poter gestire meglio i contatti con i “locali” nordici della cosca, su uno dei quali chiamava anche Fortugno, Maria Grazia Laganà e Mario Laganà (rais della Sanità locrese).
4) Il conflitto di interessi. Forse a Fierro non è giunta la notizia che solo i legali dell’On. Laganà sono convinti che l’inchiesta a cui è sottoposta la parlamentare non sia di competenza della DDA. Non gli deve essere giunta la notizia che il ricorso della signora per il trasferimento a Locri (magistratura ordinaria) è stato respinto. Forse, Fierro, non sà che la Commissione Antimafia ha funzioni e poteri di autorà giudiziaria, tanto da poter accedere a documenti e fascicoli secretati, o, ad esempio, ordinare anche arresti, oltrechè chiamare a riferire agenti dei reparti investigativi ed i magistrati (ad esempio quelli che indagano sulla Laganà!). Il discroso della signora: “quando si parla di mio marito (e quindi della Asl 9, e quindi anche di Lei) io esco” è gravissimo. Primo non risolve il problema. Secondo perché la signora Laganà è a conoscenza diretta di cose che deve riferrire all’autorità giudizaria ed all’Antimafia, perchè indispensabili per fare chiarezza, raggiungere verità e giustizia (non era quello che diceva di volere???). Se tace non aiuta. Se si rifiuta di comparire (per ben due volte!!) come persona informata sui fatti in Procura è grave. Se si avvale “della facoltà di non rispondere” è gravissimo. Nemmeno Berlusconi era arrivato a tanto, certo lui non era un deputato della Margherita-Ulivo che “controlla oltre il 60%, con l’area Fortugno, dei delegati calabresi della Margherita” (come ha ricordato, in un altro messaggio pubblico cifrato, la signora Laganà pochi giorni fa!).
Ahh, ma forse l’antimafia del “giornalista” non è quella a 360°, indipendentemente dal colore politico e dal peso politico degli imputati. Ecco allora, l’unica ragione (si fa per dire!), di quell’articolo: la mafia è solo quella dell’altra parte politica, è solo quella che spara, degli esecutori, mai quella con i colletti o camici bianchi, mai la “borghesia mafiosa”, e mai e poi mai quella del proprio schieramento politico.
Visto che è solo così, che si può spiegare l’atteggiamento di Fierro, di cancellazione e manipolazione della realtà concreta (arrivando all’assurdo di accusare chi guarda i fatti di ignorarli), le chiedo di dire da che parte sta il suo giornale. Sta da quella delle opinioni fantasiose che si mostrano verità assoluta o da quella dei fatti reali, nudi e crudi? Bene, se il suo giornale ha un briciolo di dignità, chieda Lei scusa a nome de l’Unità, per quel vergognoso articolo di pure invettive.
Se lei vuole, come se vogliono i lettori, è possibile rileggere tutta questa storia sul delitto Fortugno, sulla Asl di Locri come sul caso Laganà. Fatti e non opinioni, quei fatti che perché fossero conosciuti ci ha visto indagare da un magistrato che si sentiva come una sorta di “DDA parallela” e che illegalmente, con procedure illecite, ha oscurato dai nostri siti la Relazione Basilone (altro fatto che forse a Fierro è sfuggito!). Noi non abbiamo rimborsi elettorali, non siamo un giornale di partito con il finanziamento pubblico, non abbiamo padrini e nemmeno padroni, se non la sete di verità e giustizia. Per questo abbiamo pubblicato tutta la storia dei fatti solo su internet (quello strumento che fa paura perché se uno cerca trova!) questi sono gli indirizzi: e su
Attendendo (l’improbabile) pubblicazione ed una sua risposta (chiara!), la ringraziamo.
Christian Abbondanza, Presidente Casa della Legalità - Onlus
Simonetta Castiglion, Vice-Presidente Casa della Legalità – Onlus
Roberta Anguillesi, Caporedattore DemocraziaLegalita.it
Lettera aperta al Direttore dell'Unità
(comunicato stampa)
del periodico on lineDemocraziaLegalita.it
in risposta all'articolo “Omicidio Fortugno: le tesi di Veltri e i fatti”. Di Enrico Fierro, L’Unità 19 marzo 2007
Gentile direttore Dott.Padellaro
per conoscenza Dott. Enrico Fierro
La prima cosa che ci dispiace, che non può che farci piacere, è l' allusione alla possibilità che Veltri (e quindi noi) possa essere in possesso di parti “segrete” della commissione Basilone. Proprio per averla pubblicata integralmente, Veltri (e quindi anche noi) ha subito una perqisizione, un sequestro, ed è indagato, con noi. Il nostro giornale, (che non ha la storia né la fama dell'Unità, ma che è comunque al suo pari livello in fatto di diritti e di garanzie costituzionali) fu sequestrato ed oscurato per una decina di giorni. Non ci pare di ricordare un intervento di Fierro a favore della legalità democratica, allora.
Veltri (e quindi anche noi) non possiede né occulta alcunchè: Veltri, e quindi anche noi, ha cercato e cerca di fare chiarezza. Poi entreremo nel merito.
La seconda cosa che ci dispiace, è la inopportuna ricerca dell'appartenenza politica e dello schieramento acritico delle opinioni che dovrebbero invaee essere laicamante riconosciute come tali : dire che “in tanti, "soprattutto a destra" da troppo tempo stanno chiedendo a Maria Grazia Laganà di mettersi da parte“ sembra significare che da “sinistra” o da altrove questo non lo si debba né possa neanche pensare e chi osasse pensarlo non potrebbe che essere un collaborazionista della peggior specie.
Invece, pubblicamente, apertamente (l'Unità ne ha dato notizia?) noi e abbiamo con convinzione chiesto le dimissioni dell'on. Laganà non da “destra” ma da cittadini. Cittadini inquietati dal molteplice e inestricabile assommarsi di ruoli della Onorevole: vittima; parente di una vittima; dirigente della ASL sciolta per mafia dove le due “vittime” lavoravano; parlamentare; commissaria antimafia; e in tale veste, inquirente; inquisita dalla magistratura che lei stessa ha contestato provocando le irritate reazioni dell'ANM. Troppi ruoli, troppe parti in commedia, la on.Laganà dovrebbe sua sponte dimettersi, anche per favorire il lavoro, tanto da lei invocato, della magistratura.
Ma quale destra, ma quale sinistra: chiarezza, caro Fierro, chiarezza, ci vuole, in commissione Antimafia, in Parlamento, nella società.
E' vero: il nome di Francesco Fortugno e quello di Maria Grazia Laganà non compaiono nella relazione prefettizia che ha portato allo scioglimento per mafia l'ASL 9 di Locri e Siderno.
Noi, e Veltri, lo sappiamo bene: la abbiamo letta, senza cercarvi pregiudizialmente nulla.
vi si parla però di dirigenti, e fino a prova contraria sia Francesco Fortugno che la consorte dirigenti , e di primo piano, lo erano e come.
Ed è vero anche che c'è una macroscopica ed insanabile diversa opinione su ciò che in quella ASL (l'ha letta, dott. Fierro, la Relazione ?) accadeva e ciò che la Laganà riferì di saperne alla giornalista Annunziata il 30 /10/05: alla domanda se l'ospedale fosse entrato nell'interesse della 'ndrangheta, la Laganà rispose con un secco e deciso NO . Quindi, non si era accorta mai di nulla, mai. E non era solo un medico, in quell'ospedale e in quella asl, ma, come rispose sempre nella stessa trasmissione “MezzOra”, “il mio ruolo è quello della gestione del personale e rilascio degli atti sanitari “.
Quindi Veltri , con noi, non teorizza alcunchè, chiede, domanda, attende precise risposte.
Noi, con Veltri, tentiamo di capire una situazione tragicamente ingarbugliata, senza interessi di parte, senza niente e nessuno da difendere e tanto meno da diffamare o ammuscare. Capiamo che possa essere difficile credere che in un paese in cui nessuno fa niente per niente, in cui c'è sempre una 'partito' da prendere o una cosca ( nel senso ironico) da difendere o una emergenza che deve coprire il diritto al libero esercizio delle opinioni e delle idee, in un paese come questo spesso si decida d'ammascare chi esce da questa logica. Per finire, caro Fierro, la continua citazione di Falcone e Borsellino e tutti i martiri di mafia non vi sembra che sia un modo per renderli martiri inutili, santini vuoti, sotto cui riparare ogno tentativo di andare avanti, di capire e di combattere realmente la mafia, quella di oggi, quella che si è insinuata nella destra, nella sinistra magari partendo dal centro e che gode delle coperture e dei riti e dei miti che la avvolgono nel bene e nel male. Non se lo meritano loro, i veri 'eroi', non se lo merita il paese, non ci meritiamo noi le accuse che ci sono state rivolte in nome loro.
Roberta Anguillesi Marco Ottanelli
redazione Firenze
tel. 333 23 28 596
LA REPLICA DI ELIO VELTRI
Pavia 19-3-07
Caro Direttore,
ho scritto una lettera aperta al presidente dell'antimafia Francesco Forgione e mi ha risposto Enrico Fierro. Non è la stessa cosa. Se avessi voluto polemizzare con Fierro l'avrei fatto. Ho scritto a Francesco Forgione proprio perché mi attengo ai fatti che cerco di riassumere perché i lettori possano capire di cosa stiamo parlando.
1. L'onorevole Laganà, non io, ha lamentato lentezza e inadeguatezza delle indagini della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria e ha chiesto a più riprese l'intervento del Capo dello Stato, del Procuratore nazionale antimafia e della Direzione nazionale antimafia;
2. In particolare l'onorevole Laganà ha lamentato che non è stata fatta chiarezza sui rapporti mafia-politica, determinanti, a suo dire nella vicenda drammatica che l'ha colpita,
3. La relazione Basilone, che io ho pubblicato e per questo sono indagato, insieme a Roberta Anguillesi e a Marco Ottanelli che curano i siti di Democrazia e Legalità( giornale on line di cui sono direttore) e del Cantiere, offre uno spaccato preciso dei rapporti mafia- affari- politica a Locri. Tanto che il viceministro dell'interno Minniti, nella trasmissione di Santoro, ha dichiarato che quella relazione, depositata al Ministero dell'interno e mai pubblicata, dovrebbe essere letta in tutte le scuole perché solo dalla lettura si può capire il rapporto tra la ndrangheta e la Calabria ;
4. Quanto alle telefonate del dr Fortugno ai capi della cosca Morabito, padrona del policlinico di Messina negli anni 90, secondo quanto è scritto nei verbali della commissione antimafia, riporto i titoli del Corriere della Sera e le firme dei giornalisti.
21 Ottobre 2006." Fortugno, giallo su 31 telefonate con il medico- boss"( dr Pansera Giuseppe) genero di Giuseppe Morabito, capo della omonima cosca, una delle più potenti della Calabria; sottotitolo:" da Milano i tabulati che riguardano il periodo 1996-2003". I tabulati, aggiunge la giornalista Fiorenza Sarzanini, si trovano "in una perizia allegata agli atti di un processo sul traffico di droga". Le telefonate sono state fatte prima che il medico-boss, in carcere per associazione mafiosa, si desse alla latitanza insieme al suocero. La signora Laganà, commenta: "Nessun dubbio, erano motivi di lavoro".
22 Ottobre:" Delitto Fortugno, indagine sulle telefonate". "I magistrati", scrive la stessa giornalista, " vogliono sapere anche perché Fortugno abbia avuto, nel Novembre del 1999, tre conversazioni con Leone Bruzzaniti, nipote del capocosca( u' tiradritto), ritenuto dall'accusa la punta avanzata della cosca nel Nord Italia, di recente anche lui condannato a 19 anni e mezzo di carcere"; Titolo di altro articolo nella stessa pagina:" L'esplosivo, i voti, gli appalti"- Pansera era l'erede del capo". " Maneggiava le armi e le preferenze elettorali Giuseppe Pansera. Indirizzava gli appalti e le nomine del settore della Sanità. Gestiva gli affari di famiglia e per anni ha curato la latitanza del suocero". Lo scrive Fiorenza Sarzanini. Ma naturalmente a Locri nessuno sapeva, per cui, lo trattavano con cordialità come qualsiasi collega che si rispetti.
25 Ottobre:" Delitto Fortugno, tutte le telefonate. L'inchiesta risale al 1996". Sottotitolo:" Tre chiamate a Leone Bruzzaniti nella casa di Africo quando era già detenuto per traffico di droga".
Diffamazioni del Corriere? Non mi risulta che siano state mosse obiezioni o presentate querele. Quanto alle inchieste ricordo che la direzione distrettuale antimafia di Milano coordinata da Spataro si era a lungo interessata della cosca Morabito dal momento che operava in Lombardia riciclando il denaro sporco.
Ho chiesto al Presidente della Commissione antimafia di impegnare la Commissione sul caso Fortugno- ASL di Locri perché i problemi aperti sono di stretta competenza dell'Antimafia. Ed è tanto più urgente se la signora Laganà mantiene una posizione di disagio rispetto alla magistratura inquirente calabrese. Va da sé che l'onorevole Laganà, a mio parere, dovrebbe dimettersi solo nel caso la Commissione volesse sentirla come persona informata sui fatti, per permettere ai colleghi di lavorare in piena libertà.
Finora questo lavoro non è stato nemmeno impostato e la stessa relazione Basilone, preziosa per capirne di più anche sui moventi e sui mandanti dell'assassinio di Fortugno, non è stata né pubblicata nè messa all'ordine del giorno.
Elio Veltri
il testo dell'articolo di Fierro
19.03.2007 –l’Unità
Omicidio Fortugno: le tesi di Veltri e i fatti.
di Enrico Fierro (“Giornalista” de l’Unità)
L’omicidio del vicepresidente del Consiglio regionale Calabrese, Francesco Fortugno (16 ottobre 2005), è uno degli ultimi omicidi politico-mafiosi avvenuti in Italia.
E questa sarebbe già una buona ragione per essere prudenti nel dare giudizi, emettere sentenze anticipando il lavoro dei magistrati, offrire suggerimenti ad organismi istituzionali la cui funzione è delicatissima, come, ad esempio, la Commissione parlamentare antimafia.
Forse, mai come in questo caso, si farebbe cosa utile, per la verità e la democrazia, attenersi ai fatti. Cosa che il professor Elio Veltri non fa.
Lo dimostra il contenuto della sua lettera aperta al Presidente della Commissione parlamentare antimafia pubblicata domenica scorsa da questo giornale.
Veltri contesta, nei fatti, che l'omicidio Fortugno sia un omicidio politico mafioso deciso dalle alte sfere della 'ndrangheta con l'assenso di entità politiche.
Contesta, cioè, la tesi della vedova Fortugno, Maria Grazia Laganà, anticipata suo tempo da due magistrati di altissimo valore: Vincenzo Macrì, sostituto procuratore nazionale antimafia («si tratta di un delitto di sistema») e Piero Grasso, numero uno della Dna che in un atto ufficiale si spinse a paragonare l'omicidio Fortugno al delitto Moro.
Come i lettori sanno, si tratta di due magistrati seri da anni impegnati nella lotta alle mafie. Ma, scrive Veltri, «in effetti, se quanto è stato scritto subito dopo il delitto fosse vero. Se, com'è stato più volte ribadito e testimoniato da tutto lo stato maggiore del centro sinistra, il delitto fosse stato concepito e organizzato al più alto livello di responsabilità delle cosche, il rinvio a giudizio di manovali e di mandanti tanto modesti, non corrisponderebbe alla verità e gravita dei fatti».
Veltri si riferisce al recente rinvio a giudizio del presunto killer, Salvatore Ritorto, del suo presunto autista, Peppe Marciano, e del di lui padre, Santo, caposala all'ospedale di Locri e ritenuto il mandante dell'omicidio. Veltri, inoltre, ricorda le proteste dei familiari dei Marciano davanti al Tribunale di Reggio.
L'Unità ne ha dato conto, ci da atto il professore, che però omette di ricordare cosa c'era scritto sui cartelli che la moglie di Marciano (imparentata con alcune «famiglie» di Africo) sventolava a beneficio delle tv.
Un attacco a chi aveva parlato (i pentiti Piccolo e Novella, quest'ultimo nipote dei Cordi) e ai cittadini di serie A, dicasi la vedova Fortugno. Nella sua foga accusatoria, Veltri - profondo conoscitore della realtà calabrese omette di dire che quelle cose scritte sui cartelli sono un chiaro segnale, contro i pentiti (gli infami che hanno parlato) e contro la vedova, parlamentare e quindi privilegiata. Segnali, come è noto, che contribuiscono al pericoloso isolamento degli uni e dell'altra. E in Calabria isolati si muore. Ancora, Veltri ricorda «le telefonate di Fortugno ai capi della cosca Morabito».
Si tratta di una accusa grave e pesante contro un morto. i notizie avvelenate uscite pochi giorni dopo l'assassinio del vicepresidente del Consiglio regionale calabrese. Quei contatti telefonici con Giuseppe Pansera, genero di Peppe Morabito, 'u tiradrittu, e medico incensurato al tempo in servizio all'ospedale di Locri, spuntarono miracolosamente dalle carte di un processo milanese contro la 'ndrangheta: «su 464 utenze telefoniche portate all'attenzione della magistratura dal consulente tecnico, quelle 12 tracce telefoniche non sono state né trascritte né presentate al pubblico ministero di Milano perché assolutamente ininfluenti per le indagini», scrisse La Repubblica. Veltri ritorna su quella storia, dimenticando che alla mafia non basta aver ucciso la vittima designata, la deve anche demolire, infangare. Accadde per Pio La Torre quando si parlò di pista intema al Pci, per Piersanti Mattarella, accadde per Giovanni Falcone dopo l'attentato alla villa dell'Addaura. Veltri parla anche della Relazione Bastione, quella che ha determinato lo scioglimento per mafia della Asl di Locri, omettendo di dire che né Francesco Fortugno, né la signora Laganà, entrambi medici in quella struttura, vengono mai citati. Forse Veltri ha altre parti della Relazione che noi non conosciamo.
Se è così le pubblichi. Infine, Veltri sostiene che l'onorevole Maria Grazia Laganà, indagata dalla procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria per frode, dovrebbe dimettersi dalla Commissione parlamentare antimafia di cui fa parte per evidente conflitto d'interessi. Questa è materia che attiene alla sensibilità dell'onorevole Laganà (che già oggi, giova ricordarlo, si astiene dall'essere presente ogni volta che in "Commissione si parla dell'omicidio del marito). Colpisce il fatto che in tanti (soprattutto a destra) da troppo tempo stanno chiedendo a Maria Grazia Laganà di farsi da parte, di limitarsi a recitare il ruolo di vedova dolente e di mamma in nero. E forse farebbe bene a farlo, altrimenti - come lei stessa teme - dopo aver distrutto il marito distruggeranno