Nell'ambito del territorio dell'AUTORITA' PORTUALE di GENOVA sono in corso alcuni appalti di assoluta rilevanza quali quello relativo a CALATA BETTOLO e quello di PONTE PARODI. In merito a questi ci sono alcune cose da indicare che al momento, se non per alcuni frammenti isolati, paiono assolutamente sotto silenziatore. Noi che invece cerchiamo di fare una panoramica, anche perché, il principale appalto, quello di CALATA BETTOLO, che aveva visto un'assegnazione per 141.635.668,01 euro (con importo oneri di urbanizzazione pari a 10.712.620,19 ed importo oneri per progettazione esecutiva di 1.982.521,42) hanno visto in questi giorni un aumento “bonario” di altri 47,5 milioni €. Ma andiamo con ordine...
I due appalti:
> CALATA BETTOLO
vede l'assegnazione dell'appalto ad un A.T.I. Costituito da: TECNIS SPA (mandataria) di Catania, BOSKALIS ITALIA SRL (mandante) di Roma, SI.GEN.CO. SPA (mandate cooptata) di Catania.
> PONTE PARODI
vede l'assegnazione dell'appalto ad un R.T.I. Costituito da: TECNIS SPA di Catania, S.I.L.MAR. SRL di Catania, CO.GIP INFRASTRUTTIRE SPA) di Catania.
In questa puntata vediamo il primo...
E riprendiamo da dove avevamo interrotto, ovvero all'aumento, concordato “bonariamente” tra imprese aggiudicatarie e AUTORITA' PORTUALE DI GENOVA (del Presidente MERLO avevamo già parlato di recente – vedi qui) per altri 47 milioni e 500 mila euro.
La motivazione dell'aumento sarebbero i ritardi nella realizzazione dell'opera... Ma anche qui, andiamo con calma:
- l'importo stanziato per l'opera era complessivamente di 150 milioni di euro e base d'asta di 137 milioni di euro;
- l'ATI di imprese che si è aggiudicata la gara (TECNIS SPA, BOSKALIS ITALIA SRL, SI.GEN.CO. SPA), ha visto prevalere la propria offerta sulle altre perché quanto proponevano era più vantaggioso;
- con l'aumento i 47,5 milioni di euro non solo il “più vantaggioso” viene meno rispetto alle altre offerte, ma si va ben oltre alla somma stanziata per l'opera.
Assunto questo punto andiamo avanti. Responsabile del Procedimento di CALATA BETTOLO risulta essere PIERACCI Andrea. Risultava dagli Atti della Gara e risulta ben evidente nel Cartello dell'Appalto (qui a lato in foto). Ebbene il PIERACCI risulta indagato e rinviato a giudizio dalla Procura della Repubblica di Genova per gravi irregolarità nella gestione delle assegnazioni dei lavori dell'Autorità Portuale genovese. Secondo quanto ricostruito da investigatori e Procura il PIERACCI – come narra anche la stampa - “spacchettava gli interventi, portandoli sotto i 40mila euro di valore (la soglia oltre la quale occorre procedere con la procedura d’appalto: bando e gara) favorendo così una mezza dozzina di imprese amiche”.
Il fatto che i lavori siano in “ritardo” - così da giustificare l'aumentino “bonariamente” concordato di 47,5 milioni di euro a favore delle imprese dell'ATI aggiudicataria – NON RISULTA dal sito ufficiale che si occupa di monitorare i grandi appalti in Liguria. Guardando infatti il sito predisposto dalla Regione Liguria risulta che l'avanzamento dei lavori del cantiere di CALATA BETTOLO sia nel “rispetto dei tempi”...
...e l'assoluta calma che caratterizza il cantiere – quantomeno nel primo pomeriggio di un giorno lavorativo in cui abbiamo scattato qualche foto – dimostrerebbe che non abbiano alcuna fretta di procedere per recuperare il “fantomatico” ritardo. Un solo mezzo in opera nell'area per i riempienti. Calma piatta per tutto il resto, se non per un camion della PA.MO.TER. che entrato nell'area del cantiere di CALATA BETTOLO procedeva poi per uscire dalla stessa ed andare a conferire nell'altro cantiere di PONTE PARODI.
Comunque ecco qui alcuni scatti che dimostrano l'assenza di frenesia per il “ritardo” da 47,5 milioni in più:
Posti i punti fermi e le considerazioni di questa prima parte si va avanti. E veniamo quindi agli smaltimenti illeciti di rifiuti che sono stati effettuati proprio nel cantiere di CALATA BETTOLO. La Forestale – che il Governo vorrebbe chiudere – ha infatti scoperto e denunciato alla Procura 8 persone e posto sotto sequestro un cumulo di terre e rocce di provenienza ignota. L'impresa che certamente ha conferito materiali da demolizione a CALATA BETTOLO è la “ECO-SUD SRL”. I Responsabili del cantiere di CALATA BETTOLO non hanno saputo giustificare e tantomeno documentare il conferimento da parte della “ECO-SUD SRL”.
C'è poi un altro dettaglio. E' presente nell'area di cantiere di CALATA BETTOLO anche un “centro di betonaggio” dell'impresa facente capo ai BAGNASCO della Valbormida. Gli stessi - come già abbiamo avuto modo di ricordare - hanno operato in più occasioni in rapporto con i noti FOTIA e MAMONE e risultano in società con il GRUPPO CASTIGLIA che ha rilevato diversi operatori che furono del “GRUPPO GEO” (del noto latitante NUCERA Andrea) e che da questi ha anche “ereditato” il rapporto con il CHIARO Vincenzo, della “CHIARO VINCENZO & C SAS”, che è stato accertato avere rapporti nell'ambito delle gare pubbliche con i FOTIA, ma soprattutto contatti con la coppia GULLACE Carmelo e FAZZARI Giulia, nonché aver lo zietto DEMASI Girolamo come socio... zietto che è pure mappato come “affiliato” alla cosca GULLACE-RASO-ALBANESE (ma anche di questo avevamo già parlato, ad esempio qui e qui).
Tornando al “centro di betonaggio” doveva essere ad esclusivo servizio del cantiere di CALATA BETTOLO e per questa ragione non necessitava di alcuna convenzione che prevedesse canone di affitto/concessione del suolo di competenza dell'AUTORITA' PORTUALE DI GENOVA, se però venissero confermate le segnalazioni giunteci, ovvero se tale “centro di betonaggio” dei BAGNASCO effettuasse anche la vendita a terzi (estranei al cantiere di CALATA BETTOLO), o comunque realizzasse tale vendita da detto impianto a terzi, risulterebbe evidente che tale attività dovrebbe, per essere regolare, avere a monte una concessione del suolo con parallelo pagamento della concessione all'AUTORITA' PORTUALE DI GENOVA...
Ora, invece, andiamo a conoscere un pochino meglio le imprese che, in ATI, si sono aggiudicate la gara d'appalto di CALATA BETTOLO (ed anche l'aumentino da 47,5 milioni di euro in questi giorni d'agosto 2014) e vedremo che non è proprio tutto rosa e fiori...
La SI.GEN.CO. SPA risultava già aver acquisito i lavori per la realizzazione di un parcheggio (piscina) interrato in Largo R. Benzi (piazzale antistante l'entrata principale dell'Ospedale S.Martino) ove aveva dato subappalto alla nota ECO-GE SRL dei noti MAMONE.
La SI.GEN.CO. SPA, la TECNIS SPA e la CO.GIP risultano indicate in diverse inchieste giudiziarie. Tralasciando il controverso procedimento fallimentare che ha riguardato la SI.GEN.CO. SPA, risulta, ad esempio, che:
- la TECNIS SPA aveva accettato di pagare certamente 3.500 euro al mese agli esponenti della cosca di COSA NOSTRA dei SANTAPAOLA in merito ad un appalto da 17 milioni di euro per “approdi di emergenza nei pressi dello svincolo autostradale di Tremestieri”. Dalle indagini della D.I.A. era emerso che il sodalizio mafioso aveva aumentato la propria richiesta alla TECNIS SPA, chiedendo il 2% del contratto d'appalto. Detto appalto era stato acquisito in A.T.I. con la SACAIM SPA e la SI.GEN.CO. SPA. Oltre alle intercettazioni telefoniche la D.I.A. aveva posto sotto osservazione il cantiere in questione ed aveva così rilevato nello stesso la presenza di personaggi legati alla criminalità mafiosa peloritana, alleata a COSA NOSTRA etnea.
- sempre la SI.GEN.CO. SPA con la TECNIS SPA e la S.I.L.MAR, riunite nella “PORTO TURISTICO MARINA DI RAGUSA SPA”, risultano indagate per un'evasione dell'IVA da 8 milioni di euro e per violazione di diverse clausole del capitolato sottoscritto con il COMUNE DI RAGUSA.
La SI.GEN.CO. SPA vedeva il proprio amministratore delegato CAMPIONE Santo imputato per disastro colposo, truffa e concorso in frode nelle pubbliche forniture nell'inchiesta della Procura di Catania relativa alla realizzazione di nuove linee della metropolitana.
- Il CAMPIONE Santo della SI.GEN.CO. SPA risulta essere stato l'avvocato e braccio destro del noto RENDO Mario, oltre al coinvolgimento nelle inchiesta sulla corruzione era indicato dal giornalista Giuseppe Fava (poi ucciso dai SANTAPAOLA) come uno dei quattro “cavalieri dell'apocalisse mafiosa” Catania legati a SANTAPAOLA Nitto di COSA NOSTRA.
- Al vertice della TECNIS SPA risultava il COSTANZO Domenico detto “Mimmo” che aveva anche fatto parte della Giunta del Comune di Catania, nel 1993, su incarico del Sindaco BIANCO Enzo. Il COSTANZO unitamente al BOSCO Concetto costituiva, nel 1999, la TECNIS e, di seguito, la CO.GIP.
- Sul sito "I Siciliani" () si apprende che: CASTRO Alfio, imprenditore di Acireale nel settore del movimento terra negli anni Novanta diviene il collettore dei proventi estorsivi derivanti dai lavori pubblici controllati nella Sicilia orientale, con il compito di consegnarli alla famiglia catanese di COSA NOSTRA, i SANTAPAOLA. Per meglio occultare le estorsioni uno dei meccanismi utilizzati era quello della sovrafatturazione delle forniture effettuate dal CASTRO. Nell'inchiesta “ORIONE” , in cui sono coinvolti i vertici del clan SANTAPAOLA, viene arrestato, nell'aprile 2000, anche il CASTRO (che nel 2003 sarà condannato per il reato 416 bis con sentenza che diventerà poi definitiva). Altre inchieste relative al CASTRO evidenziavano i rapporti diretti dello stesso con il BOSCO Concetto. Il CASTRO, alla fine degli anni Novanta, aveva eseguito lavori per conto della TECNIS e le relazioni economiche con la TECNIS SPA continuano anche successivamente all'arresto ed alla condanna per 416 BIS del CASTRO.
Nel 2005 la TECNIS SPA e la CO.GIP, inserite nell'impresa consortile “SCIANINA”, acquisirono l'incarico per la realizzazione della galleria Scianina-Tracoccia e di un tratto del doppio binario della nuova linea Messina-Palermo, per un valore di circa 40 milioni di euro. Il CASTRO Alfio, dopo la scarcerazione per la condanna per 416-BIS, e, come risulta dalla Sentenza della Corte di Assise di Messina del 30.03.2012 per il processo c.d. “VIVAIO”, venne incaricato dal BOSCO Concetto a fungere da intermediario con le ditte locali del barcelonese che avrebbero dovuto fornire circa un milione di metri cubi di inerti per il cantiere. Il CASTRO per garantire la fornitura più vantaggiosa alla TECNIS SPA contatta tre imprese barcellonesi che – risulta in sentenza – erano già sottoposte ad estorsione da parte di COSA NOSTRA barcellonese e che tale fatto era di conoscenza del CASTRO. All'incontro promosso da CASTRO con tali le tre imprese era presente anche il referente mafioso del gruppo barcellonese, ISGRO' Giuseppe, che stabilisce che 1 euro a metro cubo sull'intera fornitura degli inerti (circa un milione di euro) doveva essere pagato al sodalizio mafioso. Ad aprile 2005 il CASTRO incontra, presso la sede della TECNIS SPA a Catania, gli imprenditori per stabilire il prezzo finale. Il COSTANZO Mimmo ed il BOSCO Concetto “ricevono dapprima separatamente in un ufficio della TECNIS SPA i due mafiosi CASTRO e ISGRO', mentre i tre titolari delle ditte barcellonesi sono fatti attendere in ua sala riunione. Dopo l'interlocuzione riservata COSTANZO e BOSCO, presenti CASTRO e ISGRO' ed alcuni ingegneri della TECNIS SPA, comunicato ai titolari delle ditte il prezzo della fornitura, stabilito in 8 euro al metro cubo, precisando che 7 ero sarebbero stati versati ai fornitori degli inerti mentre il restante euro era destinato ai barcellonesi col sistema della sovrafatturazione”. “L’accordo sembrava cosa fatta. Tuttavia, la mancata restituzione di mezzi meccanici per un valore di circa 200.000 euro, sottratti dalla mafia locale a Giacomo VENUTO, titolare di una delle tre ditte barcellonesi, determina quest’ultimo a ribellarsi alla estorsione imposta. Il contrasto viene, in un certo qual senso, superato e risolto grazie ad una iniziativa di Mimmo COSTANZO, che convoca VENUTO e gli propone di effettuare l’intera fornitura al prezzo di 7 euro, aggiungendo che all’euro da consegnare alla mafia per ogni metro cubo avrebbe pensato lui personalmente.
Ha riferito in specie Giacomo VENUTO deponendo alla Corte d’Assise di Messina: “Si, se la vedeva lui… Allora ribadivo, vedi che con questo (CASTRO n.d.A.) non si scherza, perché sai sono gente pericolosa”. “ o, tu stai tranquillo, – ribatte Mimmo COSTANZO – “la fornitura la fai tu a 7 euro, il resto me l’ho visto io con chi di dovere e m’ha tranquillizzato.”
Prosegue ancora VENUTO, a domanda del Pubblico Ministero: “Ho detto: può succedere che io già la prevedevo una cosa del genere, che mi davano.. facevano danni o furti o incendi, poteva succedere un po’ di tutto. E lui (COSTANZO) ha detto “ No, stai tranquillo perché già io la situazione l’ho sistemata con chi di dovere”.”
VENUTO subiva un nuovo attentato, vengono incendiati diversi mezzi meccanici della sua MEDITERRANEA COSTRUZIONI.
- Nell'ambito di altra inchiesta giudiziaria relativa al CASCIO Rosario emergeva ancora una volta il rapporto economico con COSA NOSTRA della TECNIS SPA e della SI.GEN.CO. SPA, per i lavori in A.T.I. relativi ad un appalto dell'ANAS Sicilia.
Nell'ambito della disposizione di misure di prevenzione patrimoniale – richieste dalla D.I.A. e sancite dal Tribunale di Agrigento - a carico dei fratelli CASCIO Rosario cl 1934 e CASCIO Vitino cl 1942, entrambi nativi di Santa Margherita Belice (AG), venivano ripercorse le inchieste giudiziarie relative agli stessi con altri esponenti di COSA NOSTRA (quali RIINA, PROVENZANO ed altri).
Il CASCIO Rosario, già condannato per 416-BIS è ritenuto uno dei “cassieri” del noto latitante Matteo MESSINA DENARO. Per quanto qui di interesse si deve quindi richiamare quanto indicato nel Provvedimento nr. 7201/04 R.G.N.R. mod.21 e nr. 1979/05 RG.GIP. del 02 settembre 2008, del Tribunale di Palermo. Il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Palermo, disponeva l’esecuzione dell’Ordinanza di Custodia Cautelare in Carcere nei confronti di CASCIO Rosario perché ritenuto responsabile del delitto di cui all’art. 416-BIS per avere “…omissis…agendo in concorso con altre circa 60 persone fisiche, partecipato a un sodalizio criminoso organicamente inserito nella associazione di tipo mafioso denominata “Cosa Nostra”…omissis… nonché per acquisire il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici per realizzare vantaggi e profitti ingiusti”. Si specificava inoltre, per quanto riguarda CASCIO Rosario“per avere fatto parte della famiglia mafiosa operante nel mandamento del Belice, gestendo attività economiche e lavori in subappalto ed attività imprenditoriali per conto e nell’interesse degli esponenti di vertice dell’associazione mafiosa, assicurandosi il controllo monopolistico del mercato del calcestruzzo e delle attività di movimento terra ed imponendo, attraverso il metodo mafioso, tale controllo sugli altri operatori economici….omissis… con l’aggravante di cui al comma secondo della norma per CASCIO Rosario, per avere avuto il ruolo di promozione, direzione ed organizzazione all’interno dell’associazione… omissis….”.
Il CASCIO è ritenuto responsabile in concorso con altri per aver “costretto RUVO Adriano, titolare dell’impresa “Compagnia Costruzioni Mediterraneo C.C.M. srl”…omissis… a versare una somma pari al 3% dell’importo totale dei lavori, procurandosi così un ingiusto profitto…omissis… nonché i titolari della A.T.I. (Associazione Temporanea d’Impresa) costituita dalle ditte TECNIS spa e SI.GEN.CO. Spa ...omissis… lavori appaltati dall’ANAS Sicilia, a rifornirsi di calcestruzzi ed inerti dalle ditte e dalle cave a loro riconducibili nonostante le stesse praticassero prezzi superiori rispetto ad altre ditte e cave, procurandosi così un ingiusto profitto”.
- Nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Reggio Emilia relativa a GIBERTINI Marco, ex giornalista sportivo accusato di associazione a delinquere, riciclaggio e truffa alla Stato, emergono ancora le suindicate imprese catanesi.
L'inchiesta “OCTOPUS”, per cui sono stati disposti gli arresti in carcere del citato GIBERTINI e degli imprenditori SILIPO Antonio e COSTI Omar, ed i domiciliari per SALSI Mirco (imprenditore) e ROSSI Andrea (ex impiegato CNA di Bagnolo), era scaturita dall'inchiesta relativa a NAPOLI Antonino, noto perché associazione a delinquere, riciclaggio, bancarotta. Questi venne arrestato nell'agosto 2011 nell'Operazione della DDA di Reggio Calabria denominata “ARTU'” con l'accusa di riciclaggio per conto della criminalità organizzata calabrese e siciliana.
Il GIP di Reggio Emilia indica il GIBERTINI come "giornalista reggiano il cui nominativo era stato fornito a Napoli come soggetto in grado di fornire occasioni di investimento di denaro illecito. [...] Le intercettazioni hanno consentito di ampliare il numero di soggetti a vario titolo coinvolti. Nei confronti di molti di essi viene ora richiesta una misura cautelare ma gli indagati sono in numero ben maggiore".
GIBERTINI, secondo quanto dichiarato dal Procuratore capo di Reggio Giorgio Grandinetti: "era in contatto con una serie di persone, persone che gravitano anche fuori dalla provincia di Reggio, e aveva amicizie di varia natura, trasversali; era comunque in contatto anche con soggetti della malavita romana e, a livello locale, anche con qualche soggetto della malavita calabrese", mentre il colonnello dei Carabinieri Paolo Zito sottolinea che: "Sicuramente sono stati rilevati collegamenti con la malavita campana, romana e anche calabrese, presente pure sul territorio reggiano".
Secondo gli inquirenti altri collegamenti con la criminalità organizzata meridionale potrebbero inoltre emergere anche da un altro filone di indagine che Carabinieri e Fiamme Gialle stanno ancora approfondendo, ovvero quello relativo alle false fatture che hanno fatto lievitare di alcuni milioni di euro i costi di un appalto per alcuni lavori di un lotto dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, quello compreso dal km 173 al km 185, affidati alla “CONSORTILE ASR 20 SCARL”, società partecipata al 50% da TECNIS SPA e CO.GIP. INFRASTRUTTURE SPA.
- La CO.GIP emergeva anche in altra inchiesta relativa alla Tangenziale a Vibo Valentia. Nell'ambito dell'Operazione “RED GATE” sono stati notificati 8 avvisi di garanzia, nei confronti di collaudatori della Regione; dei legali rappresentanti delle imprese esecutrici dei lavori e fornitrici di calcestruzzo; dei direttori tecnici e di cantiere delle stesse ditte e del progettista e direttore dei lavori. I reati contestati agli indagati in concorso vanno dal delitto colposo di danno alla frode in forniture.
Gli indagati risultavano: ing. RUSSO Filippo, 65 anni, di Vibo progettista e direttore dei lavori; gli architetti POSTORINO Paolo, 56 anni e COSTANTINO Gaetano, di 73, entrambi di Reggio Calabria e nominati dalla Regione collaudatori in corso d’opera; COSTANZO Giuseppe, 78 anni di Catania, legale rappresentante e amministratore unico della SIPA SPA e COGIP SRL, imprese esecutrici dei lavori con sede a Catania; RANNO Michele Luigi, 36 anni di Catania legale rappresentante e amministratore unico della COGIP SRL; ing. FARFAGLIA Pasquale, 46 anni di San Gregorio d’Ippona in qualità di direttore tecnico della SIPA SPA e direttore di cantiere della COGIP SRL; ing. RANDAZZO Giorgio, 50 anni di Messina, direttore tecnico della COGIP SRL e EVALTO Michele, 39 anni di Vibo, amministratore unico della E&Calcestruzzi srl.
Per il resto alla prossima puntata.