Ecco perché qualcuno voleva il silenzio sulla Relazione amministrativa della Commissione d’Accesso alla Asl 9 di Locri. Come avevamo detto, era strano, incredibilmente strano, che la signora Maria Grazia Laganà non sapesse nulla, come se fosse estranea a quell’ambiente. Di quella Asl lei era vice direttore sanitario e Responsabile del Personale. In quella Asl lavorava Franco Fortugno, come primario, richiamato dal nosocomio Melito Porto Salvo dal padre della signora, Avv. Mario Laganà uomo di potere democristiano e “padrone” della Asl di Locri per decenni. In quella Asl, nella porta accanto alla signora, lavorava come Caposala il presunto mandante dell’omicidio di Fortugno. In quella Asl vi erano infiltrazioni della ‘ndrangheta sino al midollo, tra il personale medico, paramedico e infermieristico. In quella Asl gli appalti e gli incarichi esterni andavano alle ditte della ‘Ndrangheta. I tetti di spesa non esistevano, come non esisteva un Bilancio...
La signora diceva sempre di non sapere. Negava che la ‘ndrangheta avesse degli appetito sulla Sanità di Locri. Negava che vi fossero infiltrazioni. Prima affermava che non sapeva perché mai avevano ucciso suo marito, poi, dall’estate 2006, affermava che suo marito era stato ucciso dalla mafia perché lui la contrastava. Diceva che vi erano delle denunce del marito scomparse, ma le denunce non c’erano e quello che è stato “ritrovato” era un’interrogazione in Consiglio regionale pubblicata anche dai giornali, dove non si diceva, di fatto, nulla, se non su un fatto personale che ridimensionava il ruolo di Primario di Pronto Soccorso dello stesso interrogante -.
La signora motivava le telefonate (intercettate dalla Procura di Milano e poi svanite una volta trasferite per competenza a Reggio) la sua famiglia (padre e consorte) con il Pansera (compagno di latitanza del boss Giuseppe Morabito della potente cosca dei Morabito-Bruzzaniti-Palamara, e genero dello stesso in quanto marito di Giuseppina Morabito, collega nella Asl 9 di Fortugno e della Laganà), come necessarie per il "rinnovo del consiglio dell'Ordine dei Medici". Peccato che i signori "consultati" fossero latitanti e notoriamente appartenenti alla 'Ndrangheta, cosca tra le più potenti e violente dominante oltre i confini calabri e da tempo ben radicata e attiva nel Nord Italia.
La signora Maria Grazia Laganà è stata eletta parlamentare della Repubblica alla Camera dei Deputati nella Margherita-Ulivo nella primavere del 2006. Il Governo Prodi, tra i primi atti "promuove" il Prefetto Paola Basilone, presidente della Commissione d'Accesso alla Asl di Locri che ha scritto la Relazione, trasferendola dalla Calabria a Roma come Responsabile Centrale Ufficio Scorte. La signora Laganà è stata nominata membro della Commissione Parlamentare Antimafia.
La Signora Maria Grazia Laganà è indagata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, sembra per truffa aggravata ai danni dello Stato. Chissà se oggi ripeterebbe che quelli nella Asl di Locri, compresi gli omicidi, erano solo “episodi sgradevoli”.
Avevamo, con Democrazia e Legalità e l’On. Angela Napoli, chiesto più volte che la signora desse delle risposte. Che contribuisse, con quello che sapeva, per il ruolo di potere che svolgeva nell’azienda sanitaria di Locri, per fare chiarezza, aiutando i giudici nella ricerca della verità sull’omicidio del marito. Invece di rispondere, o dare questo contributo, la signora continuava a tacere ciò che sapeva, alimentando attacchi generali verso la magistratura che, affermava, faceva poco sull’omicidio del vice presidente del consiglio calabrese.
Ora, forse, qualche risposta dovrà darla. Intanto sarebbe opportuno che si dimettesse dalla Commissione Parlamentare Antimafia. Sarebbe curioso che i giudici della DDA dovessero riferire a Lei delle indagini e delle prove a suo carico in sede parlamentare, anziché in Procura. Qualcuno durante l’audizione di Piero Grasso ha detto che lo vedeva imbarazzato a parlare davanti alla Commissione. Ora, forse, capiamo perché tale imbarazzo.