Quella del contrasto alle organizzazioni mafiose in questa Provincia(e nel resto della Liguria) è stata una parentesi. Una parentesi breve. Stroncata prima che si arrivasse ad assestare un colpo decisivo all'asse 'ndrangheta – massoneria ed al rapporto e condizionamento da questo asse prodotto e perpetuato su politica, economia e, quindi, gestione della cosa pubblica e del territorio.
Guardiamo rapidamente tre esempi concreti che documentano questa resa. Una resa delle Istituzioni e della politica. Di quelli che governano, oltre che molti territori anche la Regione, da decenni e che, da una parte e dall’altra, con centrodestra e centrosinistra, sono ancora lì pronti a continuare...
Partiamo dalla foto di apertura. La villa faraonica, che domina su Bordighera ed il mare, dei Pellegrino (Pepè e Barilaro), con tanto di Madonna di Polsi (foto a lato) in bella mostra all’entrata. Questa Villa è stata confiscata in via definitiva, con pronunciamento dellaCassazione nel 2018, ai fratelli Maurizio Pellegrino, Giovanni Pellegrino eRoberto Pellegrino. Un provvedimento – a seguito dall'indagine del Centro Operativo D.I.A. di Genova – che oltre a beni per 9 milioni di euro confiscati, ha visto disporre la sorveglianza speciale qualificata per Maurizio Pellegrino e Giovanni Pellegrino, ma non per Roberto che spostatosi con la consorte oltre confine ha reso inefficace e impercorribile l'applicazione della misura di prevenzione personale. Non appare superfluo ricordare che è giunta, nel 2020, anche la Sentenza definitiva della Cassazione che ha confermato la condanna per 416-bis dell'articolazione della 'ndrangheta di Bordighera (procedimento “La Svolta”). Una condanna per i tre fratelli Pellegrino Maurizio, Giovanni e Robertoa cui si aggiunge quella del 'ndranghetista di coordinamento con la'locale'di Ventimiglia, Antonino Barilaro (fratello di Francesco e Fortunato imputati nel procedimento “Maglio 3”, unitamente a Benito Pepè - padre della Pepè Lucia e suocero di Maurizio Pellegrino - e Michele Ciricosta, tutti condannati dalla Corte di Appello di Genova per 416-bis nel 2018 e con pendente ricorso in Cassazione).
Nonostante dal 2018 la Villa sia confiscata in via definitiva, la stessa Villa è rimasta totalmente nella disponibilità dei Pellegrino e consorti(Pepè Lucia moglie del Maurizio Pellegrino e Nadia Barilaro moglie di Giovanni Pellegrino). In altre parole non sono stati sgomberati ed il bene confiscato non è passato, se non sulla carta, a quello Stato che lascia gli 'ndranghetisti vivere nella villa confiscata.
Nessuno osa parlarne. Non il Comune di Bordighera. Non l'opposizione del Comune di Bordighera. Non la Regione Liguria. Non l'opposizione della Regione. Non chi nell'imperiese si diletta in organizzare convegni, fiaccolate o prestazioni di libri sulle mafie. Tutti muti come mummie. Si è arrivati al punto in cui chi da giornalista ricordava che l'imperiese era stato indicato da Rosi Bindi(nella scorsa legislatura presidente della Commissione Parlamentare d'Inchiesta Antimafia) come «sesta provincia della Calabria», va adesso nell'imperiese per due volte, rilascia interviste sull'imperiese, nella nuova veste di candidato presidente alla Regione, e non parla in alcun modo del potere 'ndranghetista in questo territorio. Non una parola sulla consolidata quanto palesata capacità dell'asse 'ndrangheta-massoneria di condizionare l'economia e la gestione della cosa pubblica e del territorio, a danno dell'economia sana e di una corretta e trasparente gestione della cosa pubblica.
Un silenzio assordante che vale sul caso della Villa Pellegrino confiscata ma lasciata in mano ai Pellegrino e vale per i successivi esempi: Villa Pompeo Mariani ed il Porticciolo di Ventimiglia.
Guardiamo a Villa Pompeo Mariani, eccellenza a livello mondiale. Un parco di circa 10 mila metri quadri (dove dipinse anche Monet), con villa ed atelier di Pompeo Mariani, rimasti intatti da inizio Novecento, grazie prima agli eredi del pittore dell'Ottocento e poi grazie all'attività di Carlo Bagnasco con la Fondazione Pompeo Mariani.
Sulle opere di Mariani ci voleva mettere le mani, inizialmente, Marcello Dell'Utri con la sua cerchia diPublitalia. Ricevuto il no da questi scattarono i furti nella Villa ed il Carabiniere che seguiva l'indagine finirà “suicidato” lungo una scalinata di Genova.
Venne poi Pier Giorgio Parodiche voleva realizzarci una bella speculazione edilizia, con box al posto del giardino ed appartamenti. Ricevuto il no, continua la morsa su Villa Pompeo Mariani ed il tesoro che custodisce, come racconta anche, in un memoriale, uno dei massoni ed 'ndranghetisti condannati nel procedimento “La Svolta”, Ettore Castellana. Si mosse il Monte dei Paschi di Siena con massoneria ed 'ndrangheta. Bagnasco e la Fondazione resistono e denunciano quanto avveniva e si perpetuava per sottrarre questa eccellenza. Uomini del centrodestra e del centrosinistra si fanno avanti, nel tempo, tendendo una mano che in realtà nascondeva ennesime trappole per sottrargli la Villa. Proposte di “collaborazione” improponibili al cui rifiuto si assiste al tentativo di screditare Carlo Bagnasco con una falsa accusa di appropriazione indebita che si infrangerà in un assoluzione con formula piena.
Le Istituzioni restano in silenzio, i magistrati che seguono la vicenda vengono posti ai margini e poi trasferiti. Il furto da un caveau di MPS, di decine di milioni di beni, ai danni di Bagnasco, per metterlo in ginocchio e costringerlo a cedere Villa Pompeo Mariani, rimane un mistero irrisolto. Così come nulla accadde ad un giudice imperiese che cercò – malamente – di supportare il piano perseguito da MPS per appropriarsi della Villa. L'obiettivo non era più la speculazione edilizia ma usare la Villa per attingere ai fondi europei per i beni culturali ed artistici, utili di per sé ed utili anche per riciclare denaro sporco. Le provano tutte per distruggere Bagnasco che invece, senza alcun contributo pubblico, resiste e difende Villa Pompeo Mariani.
Una storia non ignota, ma ignorata. Nessuno la vuole sollevare ed affrontare, o meglio, per essere più precisi: una storia che qualcuno aveva raccontato nella sua veste di giornalista ma che ora, davanti a responsabilità cristallizzate sul ruolo di MPS, preferisce – nella propria nuova veste politica – tacere. Il contenzioso per le responsabilità di MPS potrebbero creare imbarazzi alla coalizione di centrosinistra. Ed è così che dopo i complici silenzi del centrosinistra (2005-2015) e del centrodestra (2015-2020) in Regione Liguria, anche chi ne parlava e scriveva ed ora si candida con il centrosinistra per la Regione cede al silenzio. Anche in questo caso è davvero sintomatico che questa tenaglia tra politica, banche, massoneria e 'ndrangheta, non la si voglia affrontare, tacendo persino sull'esistenza stessa dell'esempio della ricchezza culturale ed artistica, nonché turistica ed ambientale, rappresentato da Villa Pompeo Mariani. Il candidato del centrosinistra, infatti, parla delle ricchezze dell'imperiese in tema d'arte ma non cita Villa Pompeo Mariani bensì indica un quadro del Parmigianino a Taggia (peraltro custodito in una chiesa praticamente sempre chiusa e che si può visitare in pochi giorni all'anno e solo su prenotazione).
Ultimo esempio, sempre sinteticamente, è quello del Porticciolo di Ventimiglia. Qui è stato accertato – senza alcun margine di dubbio – che quando il Comune di Ventimiglia (amministrazione di centrodestra del sindaco Scullino) firmò la Convenzione con l'impresa “Cala del Forte” (di Beatrice Cozzi Parodi, figlia di Pier Giorgio Parodi) non venne richiesta la necessaria informativa antimafiasulla società. E' emerso – ancora senza alcun margine di dubbio – che la “Cala del Forte” non richiese le informative antimafia sulle imprese a cui affidava i lavori (tra cui la cooperativa “Marvon”, braccio della 'locale' della 'ndrangheta di Ventimiglia). Davanti a questo la nuova amministrazione comunale (amministrazione di centrosinistra del sindaco Ioculano), eletta a seguito del commissariamento dell'Ente, non procede all'annullamento della Convenzione con “Cala del Forte”, alla luce delle gravi omissioni in materia di prevenzione antimafia, nonché dei ritardi gravi dei lavori rispetto ai tempi definitivi con la Convenzione. L'amministrazione comunale di centrosinistra invece di revocare la concessione a “Cala del Forte” in stato di fallimento, e procedere ad assegnazione della concessione con una gara europea, salva “Casa del Forte” dal fallimento assecondando i piani dell'impresa. L'amministrazione Ioculano infatti procede ad approvare le varianti al progetto originario, su richiesta della “Cala del Forte”, e, quindi, procede ad accogliere il passaggio della concessione (deciso dalla “Cala del Forte”) all'impresa monegasca “Società di Gestione dei Porti di Monaco”.
I gravi vizi originari (sull'omessa applicazione della normativa di prevenzione antimafia) vengono ignorati dall'amministrazione comunale di centrosinistra eletta sotto lo slogan “mai sciolti per mafia”. Vengono ignorati dal M5S la cui allora Consigliere Comunale Silvia Malivindi si prodigava a sostenere e votare in Consiglio Comunale a Ventimiglia una mozione che metteva sotto accusa non la 'ndrangheta ed i suoi condizionamenti, bensì le inchieste antimafia dello Stato.
Oggi alle elezioni regionali Ioculano (sindaco di Ventimiglia che ha tutelato gli interessi della “Casa del Forte” nonostante i gravi elementi omissivi in materia antimafia) è candidato con lo schieramento rappresentato da Ferruccio Sansa (foto a lato con Ioculano). Un candidato presidente che parla di “zero consumo del territorio” e che ha al suo fianco quello Ioculano che ha rivendicato pubblicamente l'appoggio al progetto (in variante agli strumenti di pianificazione vigenti) di realizzazione, sulla collina verde retrostante il costruendo porticciolo, di un grande albergo e case di lusso, sotto l'insegna del nuovo Fronte Mare, promosso e finanziato direttamente dall’Olanda (in relazione alla Delibera proposta dalla Giunta Scullino, votata dal Consiglio Comunale il 9 aprile 2019, Ioculano ha infatti tenuto a precisare: «E’ stato un atto politico, votato all’unanimità del consiglio comunale»). Silvia Malivindi era indicata capolista del M5S per le elezioni regionali nella circoscrizione di Imperia, sempre nello schieramento rappresentato da Sansa, ma non sarà candidata; non perché qualcuno avesse posto paletti per quanto sostenuto dalla stessa sul tema della 'ndrangheta (a partire dalla mozione che chiedeva i danni allo Stato per le azioni di prevenzione e contrasto della 'ndrangheta), bensì perché lei ha rinunciato alla candidatura.
Questo è uno primo spaccato di quella terra di Ponente di quella regione, la Liguria, su cui la D.I.A. nell'ultima relazione (2° semestre 2019) ha lanciato l’ennesimo allarme:
«La compenetrazione dell’imprenditoria mafiosa nell’economia legale locale dimostra come le MAFIE si siano trasformate, in LIGURIA, da “soggetto che si è infiltrato” a “SOGGETTO CHE SI E' INTEGRATO” perfettamente nel sistema economico del territorio».