Come "Casa della Legalità" avevamo
aderito alla mobilitazione del 28 gennaio 2009 a Roma non per
difendere un singolo o alcuni magistrati ma per affermare la
necessità di difendere e concretizzare effettivamente
quell'autonomia e indipendenza della Magistratura (e del Csm) sancita
dalla Costituzione. Abbiamo anche sottolineato nel documento
di adesione [che si legge in coda] che sarebbe infatti grave contrapporre ai tentativi di
condizionamento della Magistratura da parte della politica, pressioni
uguali e contarie dalla piazza...
Su questo non ci può essere
ambiguità perchè si rischia di non essere credibili ed occorre
saper resistere a quelle spinte che, per finalità diverse,
politiche, vorrebbero trasformare una necessità democratica in
questione particolare, perfettamente funzionale al "sistema"...
alla "normalizzazione".
Consideriamo questa battaglia una
questione di civiltà che non può essere vista, e nemmeno percepita,
come questione di parte. La separazione dei Poteri e, con questa,
l'autonomia e l'indipendenza della Magistratura, con il rispetto
delle regole, è garanzia essenziale dello Stato di Diritto e
soprattutto dei più deboli, dei cittadini. Finchè non si diffonde
questa consapevolezza, questa presa di coscienza nel Paese, non si
riuscirà nell'intento di fare breccia in un panorama in cui il
degrado civile e morale è divenuto la norma.
Sappiamo che la
"normalizzazione" in atto nel nostro Paese vede un sistema
dell'informazione omologato e funzionale ad un sistema politico in
cui, al di là delle teatralità tra le parti, ogni componente è
complementare all'altra. Sappiamo altresì benissimo che ogni singola
imprecisione può essere usata sul piano mediatico per stroncare ogni
messaggio di cambiamento. E siamo altresì convinti fermamente che se
in Italia non si cambia la cultura e la coscienza collettiva ogni
battaglia per la legalità e la giustizia resterà patrimonio di una
minoranza e quindi incapace di incidere. Nessuna mobilitazione
cambierà una virgola se per gli italiani la Legalità e le "regole"
vengono vissute come un "peso".
Per questo apprezziamo lo
sforzo compiuto dal Comitato Promotore per evitare, ad esempio, che
vi siano bandiere di partiti e movimenti politici alla
manifestazione. Questo è un aspetto importante per rendere evidente
che la mobilitazione per la Legalità e la Giustizia è questione che
riguarda i cittadini indipendentemente dalle loro convinzioni
politiche. Ma non basta, purtroppo.
Infatti alla
manifestazione vi saranno comunque simboli di partito ed esponenti
politici che saliranno sul palco per assicurare al sistema mediatico
la possibilità di presentare agli italiani quella mobilitazione come
una mobilitazione di "parte", quindi funzionale al
"sistema".
Non entriamo nel merito della figura di Antonio
Di Pietro e del fondato dubbio che lui ed il suo partito possano
essere o meno considerati "simbolo" della Legalità, è un
discorso generale, per tutti, anche per quei rari esponenti politici
che sappiamo essere persone pulite e oneste. A Piazza San Giovanni
il movimento dei girotondi tocco il suo culmine, slegato dai partiti
e dai politici, con i politici che, umilmente, sono stati tenuti
sotto il palco, ad ascoltare. Dopo quell'evento unico, quel grande
movimento scelse l'abbraccio con i partiti, andando così, come si è
visto, al suicidio.
La battaglia per la Legalità e la
Giustizia se non diviene patromonio della coscienza collettiva ma
resta il sogno di una minoranza non si può vincere. I promotori
della mobilitazione hanno giustamente sottolineato la volontà e
necessità di risvegliare il Paese, gli italiani.
Ma se questa,
come le altre mobilitazioni per la Legalità e la Giustizia, viene
percepita dagli italiani come questione politica, uno dei tanti
momenti di scontro tra questa e quell'altra parte politica, allora
gli italiani non la capiranno e non si sveglieranno.
I media
se gli si pone il fianco faranno il loro "sporco" lavoro per
questo fine... per garantire la "nornalizzazione" e cioè che gli
italiani, dopo la divisione "comunisti" e "democristiani", si
dispongano ora in buon ordine nei nuovi tasselli del nuovo "sistema",
i dipietristi e i berlusconiani. Useranno quegli interventi, magari
anche contestati e non apprezzati, dei politici e su tutti di Di
Pietro per dire che quella è una manifestazione di Di Pietro (che
peraltro dal suo sito gli da una mano con lo slogan "da Piazza
Navona e Piazza Farnese").
Che non sia così lo sapranno
solo quanti lo sanno già, ma quelli a cui si vorrebbe parlare,
quelli che si dovrebbero risvegliare, non lo sapranno, penseranno che
è la solita questione... che devono solo scegliere dove schierarsi,
politicamente!
Quando ci fu Piazza Navona noi dicemmo "non
ci saremo" perchè non ci piace fare i "tafazzi", i fatti ci
dicono che non avevamo torto. Questa volta volevamo esserci ma nel
momento in cui i politici continuano a fare le prime donne e non
accettano di essere umilmente cittadini ed ascoltare, sappiamo già
come andrà a finire e quindi abbiamo dovuto ritirare l'adesione
perchè questa mobilitazione, nonostante tutti gli sforzi dei
promotori, con quelle presenze e quei simboli politici, non può più
essere quel primo, importante, tassello per fare breccia tra quanti,
sino ad oggi, sono rimasti a guardare.
DOCUMENTO DI ADESIONE DEL 22.01.2009
Noi da sempre sosteniamo e difendiamo l'autonomia e l'indipendenza
della Magistratura e con questa l'inviolabile autonomia e indipendenza
della sede di autogoverno della Magistratura stessa, ovvero del CSM.
Questo organismo deve essere libero da ogni tentativo di
condizionamento, sia politico sia di piazza. Guai se il Potere
Giudiziario fosse in balia non solo della politica ma anche
dell'opinione pubblica. Non sia mai, quindi, che ai tentativi pervicaci
della politica per determinare decisioni del Consiglio Superiore della
Magistratura, si attivino spinte di piazza che, anche se per fini
nobili, tentino di violare quell'autonomia e indipendenza.
Il problema quindi sta nel sempre maggior peso della politica nel CSM,
non solo con i componenti laici nominati dal Parlamento, ma anche e
soprattutto l'input che deriva da quanti in esso ricoprono i più alti
ruoli. Se la politica, via via, ha aumentato il proprio peso
all'interno del CSM, intaccando l'autorevolezza di una sede che
dovrebbe essere pienamente autonoma e indipendente da ogni altro Potere
dello Stato, il problema principale sorge dal fatto che chi, il
Presidente della Repubblica, ha il compito di tutelare quall'autonomia
e quell'indipendenza, nel rispetto pieno della Costituzione, non lo sta
facendo in quanto si mostra palesemente quale garante di altro, ovvero
di equilibri e compomessi dell'oligarchia politica nella sua perenne
ricerca di impunità. E con questi vi è quindi il Vice-Presidente del
CSM, ovvero quel Nicola Mancino, che non solo ha evidenziato più volte
il suo essere inequivocabile espressione del Potere politico, ma si è
spinto più volte in dichiarazioni e atteggiamenti altamente lesivi
dell'autonomia e dell'indipendenza della Magistratura, che nella veste
della sua funzione dovrebbe invece tutelare fermamente. E' con tale
gestione, quindi, che viene compomosso e mortificato il ruolo del CSM
che, costituzionalmente, dovrebbe essere impermeabile dalle pressioni
politiche, e tra queste anche di quelle del Ministero della Giustizia,
che il ministro, tanto per intenderci, si chiami Castelli, Mastella o
Alfano.
Ma se il problema è questo, come crediamo, occorre affrontarlo come
questione politica e non come questione o, ancor peggio, come
"contestazione" del CSM, nel cui consiglio siedono magistrati di
indubbio valore e di insindacabile integrità morale e professionale.
Vi è poi un altro problema che sarebbe stato opportuno che si
affrontasse da tempo, fuggendo da facili generalizzazioni e
mitizzazioni fuorvianti. L'autonomia e l'indipendenza della
Magistratura non è automatica. Un magistrato può difenderla e
affermarla nella sua carriera, qualunque ruolo ricopra, anche quando
siede nel CSM, o può scegliere di sacrificarla. Questo è il problema, a
nostro avviso, centrale quanto (e forse più de) l'aspetto politico di
cui abbiamo parlato. Infatti ogni pressione politica, ogni tentativo di
condizionamento da parte di uomini del Potere, può essere respinto o
accolto, così come le intimidazioni di qualunque tipo di Potere, legale
o criminale, possono essere respinte o accolte. Il problema quindi, ad
esempio, è che spesso il Consiglio Superiore della Magistratura non ha
osato compiere quelle verifiche e quei provvedimenti che, da nord a
sud, hanno visto (e vedono) magistrati compiere scelte palesemente
improprie o scelte di omissione da quell'obbligatorietà dell'azione
penale e di fedeltà al principio per cui la Legge è uguale per tutti.
Così, sempre ad esempio, si è più volte assistito a tali silenzi del
CSM a cui facevano da contraltare procedimenti disciplinari e richiami
a magistrati che non chinavano il capo alle pressioni del Potere (e
delle sue collusioni e corruzioni).
Su questi punti siamo pronti a mobilitarci con chiunque ne ha il
coraggio, senza però cedere a critichete generiche o "commenti" a
sentenze e provvedimenti di cui ancora non si conoscono le esatte
motivazioni. Come abbiamo già detto nella difesa dell'autonomia e
dell'indipendenza della Magistratura (e quindi del CSM) e nel pararello
opporci alle pressioni ed ingerenze del Potere, non si può mai
personalizzare la questione. Sarebbe un errore drammatico che non
farebbe altro che esporre a facili accuse e mistificazioni proprio
coloro che si intende difendere. La questione se non la si affronta
alla radice non la si risolve, così come non la si risolve negando
errori palesi commessi anche da valenti e coraggiosi magistrati.
Occorre perseguire l'unico obiettivo capace non solo di respingere i
tantivi di assoggetamento della Magistratura (senza promuoverne un
uguale e contrario tentativo di condizionamento), ma anche di dare la
forza di rivendicare, pretendere e esercitare quell'autonomia e
indipendenza che molti magistrati, soprattutto giovani, hanno timore di
difendere davanti a pressioni mediatiche e politiche che dal 1992 ad
oggi si sono fatte, nei fatti, oggetto di compromesso politico
trasversale e che sono alla base dello sfacelo della macchina
giudiziaria e delle leggi (non solo quelle ad personam) che sono state
approvate in materia di giustizia durante tutti (tutti!) i Governi
succedutisi in questi ultimi 17 anni. Con la gerarchizzazione delle
Procure, ad esempio, attuata con la contro-riforma della Giustizia, il
potere di condizionamento dei pm è già al di sopra del livello di
guardia.
Il dovere del non negare gli errori permette, inoltre, di poter essere
credibili nel denunciare, ad esempio, quando si è voluto punire
magistrati in prima linea per semplici, anche se gravi, errori formali,
pur essendo fondate non solo le notizie di reato ma anche le
responsabilità e le prove a carico degli indagati, per il solo fine di
fermare quelle inchieste scomode per il Potere.
Con questo spirito e con queste finalità parteciperemo, a Roma il 28
gennaio 2009, alla mobilitazione promossa dai familiari delle Vittime
di Mafia. Lo faremo considerando questa come semplice tappa del nostro
impegno e proseguendo per promuovere, come abbiamo già fatto, tutte
quelle istanze al CSM (e pubbliche) per segnalare fatti e protagonisti,
anche all'interno delle Procure e dei Tribunali, che meritano le dovute
attenzioni e provvedimenti rigorosi, così come agiremo concretamente,
come abbiamo sempre fatto per collaborare fattivamente al lavoro delle
Procure e di quei magistrati, con inchieste e denunce dettagliate,
tenendo fermo il pieno rispetto delle Sentenze ma pretendendo, senza
mai stancarci, che non vi sia una Giustizia sola, in tutti i cittadini
uguali davanti alla Legge!