Sulla mobilitazione del 28 gennaio 2009 in Piazza Farnese

Sulla mobilitazione del 28 gennaio 2009 in Piazza Farnese

Giovedì 22 Gennaio 2009 04:23 Ufficio di Presidenza
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Giorgio Napolitano, presidente del CSMNicola Mancino, vice presidente del CSM Come "Casa della Legalità" avevamo aderito alla mobilitazione del 28 gennaio 2009 a Roma non per difendere un singolo o alcuni magistrati ma per affermare la necessità di difendere e concretizzare effettivamente quell'autonomia e indipendenza della Magistratura (e del Csm) sancita dalla Costituzione. Abbiamo anche sottolineato nel documento di adesione [che si legge in coda] che sarebbe infatti grave contrapporre ai tentativi di condizionamento della Magistratura da parte della politica, pressioni uguali e contarie dalla piazza...

Su questo non ci può essere ambiguità perchè si rischia di non essere credibili ed occorre saper resistere a quelle spinte che, per finalità diverse, politiche, vorrebbero trasformare una necessità democratica in questione particolare, perfettamente funzionale al "sistema"... alla "normalizzazione".

Consideriamo questa battaglia una questione di civiltà che non può essere vista, e nemmeno percepita, come questione di parte. La separazione dei Poteri e, con questa, l'autonomia e l'indipendenza della Magistratura, con il rispetto delle regole, è garanzia essenziale dello Stato di Diritto e soprattutto dei più deboli, dei cittadini. Finchè non si diffonde questa consapevolezza, questa presa di coscienza nel Paese, non si riuscirà nell'intento di fare breccia in un panorama in cui il degrado civile e morale è divenuto la norma.

Sappiamo che la "normalizzazione" in atto nel nostro Paese vede un sistema dell'informazione omologato e funzionale ad un sistema politico in cui, al di là delle teatralità tra le parti, ogni componente è complementare all'altra. Sappiamo altresì benissimo che ogni singola imprecisione può essere usata sul piano mediatico per stroncare ogni messaggio di cambiamento. E siamo altresì convinti fermamente che se in Italia non si cambia la cultura e la coscienza collettiva ogni battaglia per la legalità e la giustizia resterà patrimonio di una minoranza e quindi incapace di incidere. Nessuna mobilitazione cambierà una virgola se per gli italiani la Legalità e le "regole" vengono vissute come un "peso".

Per questo apprezziamo lo sforzo compiuto dal Comitato Promotore per evitare, ad esempio, che vi siano bandiere di partiti e movimenti politici alla manifestazione. Questo è un aspetto importante per rendere evidente che la mobilitazione per la Legalità e la Giustizia è questione che riguarda i cittadini indipendentemente dalle loro convinzioni politiche. Ma non basta, purtroppo.

Infatti alla manifestazione vi saranno comunque simboli di partito ed esponenti politici che saliranno sul palco per assicurare al sistema mediatico la possibilità di presentare agli italiani quella mobilitazione come una mobilitazione di "parte", quindi funzionale al "sistema".

Non entriamo nel merito della figura di Antonio Di Pietro e del fondato dubbio che lui ed il suo partito possano essere o meno considerati "simbolo" della Legalità, è un discorso generale, per tutti, anche per quei rari esponenti politici che sappiamo essere persone pulite e oneste. A Piazza San Giovanni il movimento dei girotondi tocco il suo culmine, slegato dai partiti e dai politici, con i politici che, umilmente, sono stati tenuti sotto il palco, ad ascoltare. Dopo quell'evento unico, quel grande movimento scelse l'abbraccio con i partiti, andando così, come si è visto, al suicidio.

La battaglia per la Legalità e la Giustizia se non diviene patromonio della coscienza collettiva ma resta il sogno di una minoranza non si può vincere. I promotori della mobilitazione hanno giustamente sottolineato la volontà e necessità di risvegliare il Paese, gli italiani.
Ma se questa, come le altre mobilitazioni per la Legalità e la Giustizia, viene percepita dagli italiani come questione politica, uno dei tanti momenti di scontro tra questa e quell'altra parte politica, allora gli italiani non la capiranno e non si sveglieranno.

I media se gli si pone il fianco faranno il loro "sporco" lavoro per questo fine... per garantire la "nornalizzazione" e cioè che gli italiani, dopo la divisione "comunisti" e "democristiani", si dispongano ora in buon ordine nei nuovi tasselli del nuovo "sistema", i dipietristi e i berlusconiani. Useranno quegli interventi, magari anche contestati e non apprezzati, dei politici e su tutti di Di Pietro per dire che quella è una manifestazione di Di Pietro (che peraltro dal suo sito gli da una mano con lo slogan "da Piazza Navona e Piazza Farnese").

Che non sia così lo sapranno solo quanti lo sanno già, ma quelli a cui si vorrebbe parlare, quelli che si dovrebbero risvegliare, non lo sapranno, penseranno che è la solita questione... che devono solo scegliere dove schierarsi, politicamente!

Quando ci fu Piazza Navona noi dicemmo "non ci saremo" perchè non ci piace fare i "tafazzi", i fatti ci dicono che non avevamo torto. Questa volta volevamo esserci ma nel momento in cui i politici continuano a fare le prime donne e non accettano di essere umilmente cittadini ed ascoltare, sappiamo già come andrà a finire e quindi abbiamo dovuto ritirare l'adesione perchè questa mobilitazione, nonostante tutti gli sforzi dei promotori, con quelle presenze e quei simboli politici, non può più essere quel primo, importante, tassello per fare breccia tra quanti, sino ad oggi, sono rimasti a guardare.




DOCUMENTO DI ADESIONE DEL 22.01.2009


Noi da sempre sosteniamo e difendiamo l'autonomia e l'indipendenza della Magistratura e con questa l'inviolabile autonomia e indipendenza della sede di autogoverno della Magistratura stessa, ovvero del CSM. Questo organismo deve essere libero da ogni tentativo di condizionamento, sia politico sia di piazza. Guai se il Potere Giudiziario fosse in balia non solo della politica ma anche dell'opinione pubblica. Non sia mai, quindi, che ai tentativi pervicaci della politica per determinare decisioni del Consiglio Superiore della Magistratura, si attivino spinte di piazza che, anche se per fini nobili, tentino di violare quell'autonomia e indipendenza.

Il problema quindi sta nel sempre maggior peso della politica nel CSM, non solo con i componenti laici nominati dal Parlamento, ma anche e soprattutto l'input che deriva da quanti in esso ricoprono i più alti ruoli. Se la politica, via via, ha aumentato il proprio peso all'interno del CSM, intaccando l'autorevolezza di una sede che dovrebbe essere pienamente autonoma e indipendente da ogni altro Potere dello Stato, il problema principale sorge dal fatto che chi, il Presidente della Repubblica, ha il compito di tutelare quall'autonomia e quell'indipendenza, nel rispetto pieno della Costituzione, non lo sta facendo in quanto si mostra palesemente quale garante di altro, ovvero di equilibri e compomessi dell'oligarchia politica nella sua perenne ricerca di impunità. E con questi vi è quindi il Vice-Presidente del CSM, ovvero quel Nicola Mancino, che non solo ha evidenziato più volte il suo essere inequivocabile espressione del Potere politico, ma si è spinto più volte in dichiarazioni e atteggiamenti altamente lesivi dell'autonomia e dell'indipendenza della Magistratura, che nella veste della sua funzione dovrebbe invece tutelare fermamente. E' con tale gestione, quindi, che viene compomosso e mortificato il ruolo del CSM che, costituzionalmente, dovrebbe essere impermeabile dalle pressioni politiche, e tra queste anche di quelle del Ministero della Giustizia, che il ministro, tanto per intenderci, si chiami Castelli, Mastella o Alfano.
Ma se il problema è questo, come crediamo, occorre affrontarlo come questione politica e non come questione o, ancor peggio, come "contestazione" del CSM, nel cui consiglio siedono magistrati di indubbio valore e di insindacabile integrità morale e professionale.

Vi è poi un altro problema che sarebbe stato opportuno che si affrontasse da tempo, fuggendo da facili generalizzazioni e mitizzazioni fuorvianti. L'autonomia e l'indipendenza della Magistratura non è automatica. Un magistrato può difenderla e affermarla nella sua carriera, qualunque ruolo ricopra, anche quando siede nel CSM, o può scegliere di sacrificarla. Questo è il problema, a nostro avviso, centrale quanto (e forse più de) l'aspetto politico di cui abbiamo parlato. Infatti ogni pressione politica, ogni tentativo di condizionamento da parte di uomini del Potere, può essere respinto o accolto, così come le intimidazioni di qualunque tipo di Potere, legale o criminale, possono essere respinte o accolte. Il problema quindi, ad esempio, è che spesso il Consiglio Superiore della Magistratura non ha osato compiere quelle verifiche e quei provvedimenti che, da nord a sud, hanno visto (e vedono) magistrati compiere scelte palesemente improprie o scelte di omissione da quell'obbligatorietà dell'azione penale e di fedeltà al principio per cui la Legge è uguale per tutti. Così, sempre ad esempio, si è più volte assistito a tali silenzi del CSM a cui facevano da contraltare procedimenti disciplinari e richiami a magistrati che non chinavano il capo alle pressioni del Potere (e delle sue collusioni e corruzioni).

Su questi punti siamo pronti a mobilitarci con chiunque ne ha il coraggio, senza però cedere a critichete generiche o "commenti" a sentenze e provvedimenti di cui ancora non si conoscono le esatte motivazioni. Come abbiamo già detto nella difesa dell'autonomia e dell'indipendenza della Magistratura (e quindi del CSM) e nel pararello opporci alle pressioni ed ingerenze del Potere, non si può mai personalizzare la questione. Sarebbe un errore drammatico che non farebbe altro che esporre a facili accuse e mistificazioni proprio coloro che si intende difendere. La questione se non la si affronta alla radice non la si risolve, così come non la si risolve negando errori palesi commessi anche da valenti e coraggiosi magistrati. Occorre perseguire l'unico obiettivo capace non solo di respingere i tantivi di assoggetamento della Magistratura (senza promuoverne un uguale e contrario tentativo di condizionamento), ma anche di dare la forza di rivendicare, pretendere e esercitare quell'autonomia e indipendenza che molti magistrati, soprattutto giovani, hanno timore di difendere davanti a pressioni mediatiche e politiche che dal 1992 ad oggi si sono fatte, nei fatti, oggetto di compromesso politico trasversale e che sono alla base dello sfacelo della macchina giudiziaria e delle leggi (non solo quelle ad personam) che sono state approvate in materia di giustizia durante tutti (tutti!) i Governi succedutisi in questi ultimi 17 anni. Con la gerarchizzazione delle Procure, ad esempio, attuata con la contro-riforma della Giustizia, il potere di condizionamento dei pm è già al di sopra del livello di guardia.
Il dovere del non negare gli errori permette, inoltre, di poter essere credibili nel denunciare, ad esempio, quando si è voluto punire magistrati in prima linea per semplici, anche se gravi, errori formali, pur essendo fondate non solo le notizie di reato ma anche le responsabilità e le prove a carico degli indagati, per il solo fine di fermare quelle inchieste scomode per il Potere.

Con questo spirito e con queste finalità parteciperemo, a Roma il 28 gennaio 2009, alla mobilitazione promossa dai familiari delle Vittime di Mafia. Lo faremo considerando questa come semplice tappa del nostro impegno e proseguendo per promuovere, come abbiamo già fatto, tutte quelle istanze al CSM (e pubbliche) per segnalare fatti e protagonisti, anche all'interno delle Procure e dei Tribunali, che meritano le dovute attenzioni e provvedimenti rigorosi, così come agiremo concretamente, come abbiamo sempre fatto per collaborare fattivamente al lavoro delle Procure e di quei magistrati, con inchieste e denunce dettagliate, tenendo fermo il pieno rispetto delle Sentenze ma pretendendo, senza mai stancarci, che non vi sia una Giustizia sola, in tutti i cittadini uguali davanti alla Legge!