Il caso Don Ciotti e Lazzara. La verità dei fatti e quella della retorica

Il caso Don Ciotti e Lazzara. La verità dei fatti e quella della retorica

Venerdì 10 Gennaio 2014 21:54 Ufficio di Presidenza
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Don Luigi Ciotti dopo le valutazioni del caso alla denuncia pubblica di Filippo Lazzara (), che oltre alla rete ha visto la diffusione anche nell'articolo di Antonio Amorosi () del 2 gennaio scorso su Libero Quotidiano.

Don Ciotti scrive con la classica retorica di stampo ecclesiastico affermando di portare così "la verità". Ma quella che enuncia è una verità piegata dalla retorica che si evidenzia in netta contraddizione la verità che emerge dei fatti (documentati).

Come Casa della Legalità non eravamo entrati su questa vicenda, lo facciamo ora avendo sentito, con attenzione, le "due campane". Lo facciamo oggi, laicamente, perché non ci piace che si mistifichino i fatti nel nome di una "verità" distorta dall'esigenza di "cancellare" i fatti stessi che, nel bene o nel male, sono quelli è come tali vanno valutati ed affrontati...

Don Ciotti nella sua risposta conferma di fatto (anche se per accorgersene occorre evitare di essere distratti dall'abile uso della retorica), che, saliti dalla Sicilia, Filippo ed Antonietta, hanno lavorato in nero per le strutture del Gruppo Abele. Infatti il Ciotti afferma che "poi", dopo l'esperienza non positiva alla Certosa, hanno regolarizzato la posizione di Antonietta, la fidanzata di Filippo, ma non quella di Filippo ("Di lì a poco, Antonietta verrà regolarmente assunta").
Stando alla documentazione che ci è stata inviata - per poter approfondire e capire senza alcun preconcetto ed alcuna esigenza di tutelare qualsivoglia dogma - risultano tra l'altro diverse buste di pagamenti effettuati in “nero” a Filippo e Antonella. Un bigliettino scritto da Don Ciotti toglie ogni fraintendimento: “Un “piccolo” acconto in attesa di “regolarizzare” il vostro impegno”. Ed allora qui viene un primo punto fermo: il rilievo mosso da Lazzara e ripreso da Amorosi non solo non è “diffamatorio” o “calunnioso” ma corrisponde a fatti reali. 

Don Ciotti nega nella sua risposta odierna di aver picchiato Filippo Lazzara. Scrive che le sue non erano mani alzate con violenza ma solo una "spinta" fraterna, come quella di un fratello maggiore verso un fratello minore (come se poi fosse giustificabile che un fratello maggiore si imponga con violenza ed aggressività sul minore)... Ma Don Ciotti qui contraddice se stesso. Infatti rileggendo la lettera di scuse che aveva scritto di suo pugno lui, Don Luigi Ciotti, il 6 marzo 2011, si legge: “Caro Filippo, mi dispiace che i miei “nervi” siano “saltati”... Non meriti le “sberle”...” e in conclusione “Quelle “pedate” le merito io...”. In allora, quindi, Don Ciotti ammetteva, scusandosi, quelle percosse portate contro Filippo, che ora - dopo che i fatti sono emersi pubblicamente - nega ci siano mai state. Ed allora qui viene un secondo punto fermo: il rilievo mosso da Lazzara e ripreso da Amorosi non solo non è “diffamatorio” o “calunnioso” ma corrisponde a fatti reali.

Don Ciotti inoltre afferma ora che i soldi dati a Filippo Lazzara fossero una sorta di sua "beneficenza" e che nonostante tale sostegno Filippo presentò la denuncia per le percosse subite contro di lui. Se si guardano però le date di quell'assegno di Don Ciotti (5.000 euro) e del vaglia inviato dalla sua struttura (2.500 euro), entrambi a Filippo, sono entrambi successivi alla data di presentazione della denuncia da Lazzara. Sulle date, non ci si può sbagliare: le percosse (con 10 giorni di prognosi) sono del 5 marzo 2011; la denuncia delle percosse presentata ai Carabinieri di Torino è del 3 giugno 2011; l'assegno di Don Ciotti a Filippo Lazzara è del 21 giugno 2011, il versamento, con vaglia, è del 23 luglio 2011. Quindi i versamenti sono “successivi” alla denuncia, apparendo come quelle “classiche” (e normali) transazioni tra le parti per risolvere le controversie fuori dalle aule giudiziarie.

Don Ciotti con la sua risposta odierna non solo non convince ma conferma sostanziamente tutto quanto denunciato da Filippo Lazzara e pubblicato da Amorosi.

Inoltre Don Ciotti cita messaggi "minacciosi", riportando alcuni scritti che di minaccioso non hanno proprio nulla. Scrive ancora che quei messaggi e l'atteggiamento di Filippo lo hanno esasperato... Ma se Filippo effettivamente veniva fatto lavorare in nero, aveva visto svanire il sogno di quanto "promessogli" perché lasciasse la Sicilia per Torino, e si lamentava per questo, tutti i torti non li aveva obiettivamente. Ed allora? Allora Don Ciotti, a quanto pare, quel giorno ha perso il controllo, ha lasciato da parte la comprensione “cristiana” ed ha ceduto all'ira. Capita.
Cercare di negare, nel nome di una sorta di infallibilità "divina" (visti anche i comunicati a sua "difesa" che giungono dal suo Gruppo Abele e dalla sua Libera), i fatti, facendo passare Filippo Lazzara come un pazzo, un mitomane, un diffamatore e calunniatore è davvero una pessima risposta. Non solo, infatti, non sono smentiti i fatti che Filippo ha denunciato, ma si rimarca ancora una volta (soprattutto con i comunicati del Gruppo Abele e di Libera) quel principio per cui non si deve osare parlarne... tanto è vero che l'accusa di “diffamatori” e “calunniatori” viene subito allargata a chiunque abbia osato (o potrebbe osare) affrontare la questione, cioè fatti reali che come tali vanno visti, senza alcun atteggiamento omertoso.
Ci si lamenta che Filippo Lazzara abbia reso "pubblica" quella denuncia e quella lettera di Don Luigi Ciotti dove ammetteva le percosse e chiedeva scusa, quando invece la questione che dovrebbe far riflettere è un'altra: perché Don Ciotti per primo, in allora, non ha reso nota pubblicamente la vicenda? Se avesse reso pubblica quella lettera di scuse a Filippo Lazzara, non sarebbe stato molto meglio? Certo, sarebbe venuta meno l'immagine dell'infallibilità e si sarebbe dovuto ammettere che dei problemi ci sono anche nell'ambito delle strutture che fanno capo a Don Luigi Ciotti, ma sarebbe stato intellettualmente onesto ammettere in allora quei fatti e, quindi, sarebbe stato anche possibile affrontarli. Non è forse, anche questa, questione di "corresponsabilità"?

Don Ciotti, tra le righe di quella che lui chiama “verità” (e che come abbiamo visto tanto verità non pare essere guardando ai fatti), pare voglia gettare anche un velo pesante su Filippo Lazzara. Un velo che lo faccia percepire persino come uno che non solo “minaccia”, ma che vorrebbe anche attuare una sorta di “estorsione”. Anche qui - molte semplicemente - visto l'invito costante alla denuncia delle minacce ed estorsioni, promosso proprio da Don Ciotti, è chiaro che nessuna minaccia ed estorsione sia stata promossa e nemmeno tentata da Filippo Lazzara, perché altrimenti oggi non saremmo qui per parlare della denuncia presentata da Lazzara contro il comportamento di Don Ciotti, ma delle denunce di Don Ciotti contro Lazzara.
Se ci si volesse anche sforzare, dati i fatti sul tappeto, per prenedere come buona questa "ombra" che Don Ciotti pone sulla vicenda, allora dovremmo assumere il fatto che proprio quel Don Ciotti che tanto tuona perché si denuncino minacce ed estorsioni poi, alla fine, quando capita a lui non le presenta queste denunce, dimostrandosi incoerente tra il suo tuonare ed il suo fare. 

Non era più semplice e onesto intellettualmente dire, da parte di Don Ciotti, che anche lui sbaglia, come tutti, come anche noi, e che, ad esempio, quel giorno ha perso il controllo ed ha semplicemente sbagliato (ammissione che aveva fatto in privato nella lettera del 6 marzo 2011 ma che oggi pubblicamente nega)? Così come ammettere che anche i gruppi facenti capo a lui a volte la legalità, in qualche ambito, la “piegano”, ad esempio, facendo lavorare in nero qualcuno? Non esiste la perfezione e l'infallibilità divina. E' umano commettere errori, è invece perverso negarli e cercare di rovesciare la realtà dei fatti, evitando, così facendo, di affrontare e risolvere i problemi, le storture e gli sbagli.

Noi da tempo chiediamo a Libera un bagno di umiltà, non perché si “cancelli” quella realtà, ma per correggere quegli errori che anche loro – come noi, come tutti – commettono. Purtroppo però, a quanto pare, a loro deve essere concesso e giustificato tutto, come nel caso che abbiamo appena affrontato, mentre per gli altri se “responsabili” - secondo loro - anche di una sola parola di troppo, magari eccessiva o magari semplicemente di "dissenso", o del coraggio della critica, come dell'indipendenza, non c'è scampo... c'è solo la gogna, la denigrazione, l'isolamento.

Ecco, forse è il caso, proprio alla luce di questa storia, di riflettere e fare un passo avanti, fuori da ogni retorica ed ipocrisia, o no?



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