Quando frequentavo il liceo e prendevo la corriera per Ventimiglia,
superato Camporosso mi appariva la visione del mare. Poi, condominio dopo
condominio, non rimase nemmeno più un buco di azzurro. Cemento, nient'altro che
cemento a formare una muraglia impenetrabile e odiosa. Il naturale skyline che
avevo visto fin da piccolo si era trasformato in un artificiale skifoline.
Sagome accatastate in maniera casuale senza capo né coda...
Questo un'era fa. L'altro giorno viaggiavo sul treno che da Genova porta a
Nizza e osservavo con interesse l'espressione di una giovane donna che sedeva
di fronte a me. Dal finestrino scorrevano uno dietro l'altro anonimi palazzi su
anonimi palazzi, distanti l'uno dall'altro sì e no un metro. Sembrava di essere
nella brutta periferia di una qualsiasi metropoli. Lei si accorse che la stavo
guardando e mi indicò quello spettacolo indegno con un dito. Non ci fu bisogno
di parole.
Dopo essersi appropriati con i denti della rara terra vicino al mare, dopo aver
sbancato, famelici, colline e colline più a monte, adesso i pescecani del
cemento armato si stanno impadronendo del mare. Si sa che la voracità non ha
limiti.
Proprio di questo parla un libro inchiesta uscito da pochi giorni, Il partito
del cemento, scritto da due bravi giornalisti, Ferruccio Sansa e Marco Preve. E
la storia documentata, punto per punto, dei maneggi che si svolgono nei
retrobottega della politica frequentati da imprenditori e banchieri, quasi
tutti prima o poi inquisiti, qualcuno passato anche per le patrie galere, che
intrecciano con gli amministratori pubblici rapporti quantomeno dubbi e
quantopiù indecenti e sul filo dell'illegalità. Non c'è differenza tra destra e
sinistra, i veri inciuci sono questi, fatti sottobanco, molto più pericolosi
per la democrazia di quelli dichiarati alla luce del sole che generano scandalo
solo negli sprovveduti. Nel libro si parla delle furbate per aggirare le leggi,
come quella, che sarebbe ridicola se non fosse troppo seria, delle torri
antincendio che diventano ville, dello spregio cinico di questa classe
dirigente per questa terra bellissima che ha trasformato, nell'arco di un
cinquantennio, in una regione che si sta estinguendo. Si estingue nei posti di
lavoro, nella popolazione, nella cultura, e rimane, di quello che era stata,
solo uno struggente ricordo.
Vogliono impadronirsi del mare dunque. E lo fanno costruendo porti ovunque,
grandi, medi, piccoli. I posti barca nel 2000 erano in totale 14.500, nel 2008
sono diventati 20.500 ed è già pronto un piano per altre ottomila imbarcazioni.
Porti vuol dire anche appartamenti, centri servizi, centri commerciali, negozi.
Follia pura. Chi frequenta queste coste conosce, solo per dirne una, i problemi
snervanti dei parcheggi e delle code chilometriche sull'Aurelia, che esistono
anche in quelle cittadine che il porto non ce l'hanno, come Ventimiglia, ma che
fra un po' l'avrà anche lei e allora voglio proprio vedere dove metteranno le
macchine. L'ho già detto e lo ripeto. Follia.
Il libro scava a fondo sui due potentissimi Claudii. Claudio Scajola, ex DC ora
Pdl, ministro del governo Berlusconi, e Claudio Burlando, ex PCI ora Pd,
presidente della Regione. Si scoprono così intrecci insospettati nelle varie
amministrazioni pubbliche, nei cda della miriade di società, e legami di sangue
che diventano ragnatele di un potere come al tempo del Medio Evo.
Dopo la lettura si potranno avere reazioni diverse. C'è chi disgustato si
allontanerà definitivamente dalla politica visto il degrado infimo a cui è
arrivata, c'è chi si indignerà come non mai e farà di tutto per diffondere le
notizie che ha letto, e ci sarà anche chi si darà da fare per impedire questo
scempio. Alla fine del libro c'è un capitolo ad hoc "Prontuario
anticemento".