Tangenti, emerge il 'sistema Genova'. "Politici genovesi mi chiesero soldi"

Tangenti, emerge il 'sistema Genova'. "Politici genovesi mi chiesero soldi"

Venerdì 17 Luglio 2009 07:58 Ufficio di Presidenza - Il Secolo XIX
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Gino MamoneCi siamo, come abbiamo detto il "silenzio" è stato rotto. Questa volta a parlare con la Procura e la Guardia di Finanza è uno dei protagonisti di primo piano degli affari di Mamone e degli intrecci del boss della Eco.Ge con politici ed amministratori pubblici. La richiesta di tangenti, nel caso dell'ex Oleificio Gaslini era di 1.400.000 euro. Serviva per piegare - guarda tu che stranezza in questa città e regione dal cemento straripante - la destinazione ad uso di quell'area... alias l'urbanistica. Quel settore chiave che in Comune, non a caso, vedeva come funzionario responsabile Giovanni Battista Poggi (meglio conosciuto come "Gian Poggi"), da sempre uomo di fiducia di quel Claudio Burlando (che lo ha richiamato in Regione insieme al suo prode Piero Piccolo) che proprio sull'ex oleificio Gaslini viene tirato in ballo tra gli "amici" - insieme alla Vincenzi - da Gino Mamone in quel colloquio intercettato al ristorante "Edilio" con Caparelli e che, per un lapsus (freudinano?) quando gli abbiamo chiesto cosa ci faceva il suo fedele sodale Piccolo all'inaugurazione dell'escavatore della Eco.Ge, nel novembre 2005 (in compagnia di Casagrande, Benvenuto, Merella, Venanzio Maurici,... - guarda il video -), ci ha risposto ripetutamente che "era un cantiere nostro", lasciandoci sbalorditi da tale "ardire" visto che la Regione o il Comune con la proprietà di quell'area proprio non ci azzeccava un fico secco...


Il vaso di "Pandora" ormai si sta aprendo sempre di più, soprattutto da fuori città e regione. Nei prossimi giorni renderemo note alcune novità sul filone bonifiche che vanno da Cornigliano alla Stoppani. Ed intanto rilanciamo l'invito: chi sa riferisca all'A.G. e chi ha preso confessi, tanto la Maggistratura arriva... Ci dispiace dover constatare che uno dei soggetti che l'attività investigativa ha messo in evidenza essere un ponte di congiunzione tra politica ed esponenti della criminalità organizzata calabrese (tra cui anche Gino Mamone), ovvero Salvatore Ottavio Cosma, dopo averci chiesto un incontro ha cambiato idea e ci ha fatto scrivere dal suo legale che lui non ha mai avuto rapporti con esponenti della criminalità organizzata calabrese. Anche scrivendo in risposta al suo legale, restituendo al mittente la diffida a menzionarlo che ci aveva recapitato, gli abbiamo ricordato che sarebbe opportuno che il suo assistito si recasse in Procura per collaborare, dicendo tutto ciò di cui è a conoscenza, fatti e persone, perché considerando il numero di soggetti dell'"ambiente" da lui frequentati e di quanto emerge dalle molteplici pagine di intercettazioni, di cose da rendere note all'autorità giudiziaria ne ha un bel po. Purtroppo, tramite sempre il suo legale, ci ha fatto sapere che lui niente sa e quindi niente dice. Per fortuna altri invece parlano e poi alla fine, sui diversi filoni delle inchieste, sarà davvero un domino, con un "sistema" che ormai sta crollando inesorabile sullo scacchiere, pezzo dopo pezzo. Ecco l'articolo de Il Secolo XIX...



Il Secolo XIX - 17.07.2009
Interrogatorio choc nell'inchiesta su Mensopoli e Bonifiche.
"Politici genovesi mi chiesero soldi"
Un imprenditore: pretesero tangenti per 1,4 milioni...

Genova. La corruzione c'era davvero, a Genova. I politici chiedevano soldi per "spianare" la strada a progetti immobiliari perlomeno arditi a, al contempo, finanziarsi forse campagne elettorali. L'accusa più circostanziata arriva dopo il tesissimo interrogatorio di un imprenditore milanese. E la sua testimonianza, resa in gran segreto giovedì scorso alla Procura del capoluogo ligure, alza il sipario su un "sistema" che potrebbe aver inquinato la vita politica genovese e l'assegnazione di alcuni dei più grandi appalti pubblici negli ultimi anni. Non solo. Le rivelazioni - raccolte in una delle principali inchieste sugli intrecci fra affari e politica a Genova - potrebbero innescare nello spazio di qualche mese effetti imprevedibili.
"Due consiglieri comunali mi chiesero un milione e 400 mila euro per cambiare la destinazione d'uso di un'area che dovevo acquistare per costruirci un centro commerciale. Io non sapevo cosa fare e il venditore di quella stessa superficie, Gino Mamone (leader della Eco.Ge gigante delle bonifiche, accusato a sua volta di aver "pilotato" decine di gare) mi disse di stare fermo. Ai politici pensava già lui. Una cosa è certa: i discorsi sui soldi per gli amministratori pubblici erano tutt'altro che sparate".
E' il tassello che gli inquirenti andavano cercando da due anni e che sono certi aver trovato, almeno in parte, nelle parole di Michelino Caparelli, immobiliarista lombardo e titolare della "Fontessa srl". E' stato lui a sedersi davanti al sostituto procuratore Francesco Pinto e ai finanzieri, assistito dal legale di fiducia Guido Colella. Ed è stato lui, pochi giorni fa, ad "aprire il libro" come si conferma in ambienti investigativi. Che cosa succederà a seguito del suo exploit? Può generarsi un effetto domino? Ancora: quanto politici, oltre a quelli chiamati in causa direttamente, potrebbero risultare coinvolti? Per fare il punto occorre focalizzare il contesto "specifico" nel quale sono maturate le dichiarazioni dell'immobiliarista. E capire perché un singolo episodio, agli occhi degli inquirenti, può rappresentare la cartina di tornasole d'un fenomeno più esteso.
L'affare intorno al quale ruota la presunta "madre" delle mazzette è la compravendita d'un vasto appezzamento a Genova, dove sorgeva un tempo l'ex oleificio Gaslini a ridosso del torrente Polcevera, e dove s'intendeva realizzare un centro commerciale. Per questo business, Caparelli, l'imprenditore Gino Mamone, gli ex consiglieri comunali Paolo Striano (ex Margherita) e Massimo Casagrande (ds) sono indagati per corruzione. La superficie, comprensiva dell'immobile, era stata acquistata primis da Mamone, che aveva demolito tutto e bonificato il terreno. A quel punto il patròn di Eco.Ge era in trattativa con Caparelli per rivenderla, pronta a un nuovo utilizzo. I fatti risalgono alla primavera di due anni fa ed è intercettando un dialogo al ristorante "Edilio", fra i due protagonisti della compravendita, che gli inquirenti drizzano le antenne: trattando sul prezzo, entrambi fanno genericamente cenno a centinaia di migliaia di euro che sarebbero serviti ad "ammorbidire" alcuni amministratori pubblici. Siccome quell'intercettazione faceva parte di un'altra inchiesta (sulla creazione di "fondi neri" da parte di Mamone, da usare secondo la Finanza "forse per corrompere"), ecco che la situazione è stata "cristallizzata" in attesa che qualcuno spiegasse che cosa, davvero, c'era dietro quelle parole.
Pochi giorni fa Michelino Caparelli ha rotto gli indugi, in un colloquio lungo due ore e messo a verbale. Il Secolo XIX è in grado di rivelare i passaggi salienti. "Ero interessato a quell'area - ha spiegato - ma era fondamentale che avesse una destinazione esclusivamente commerciale. Tramite un amico entrai in contatto con il consigliere comunale genovese Paolo Striano (ex Margherita ed ex Assessore nell'attuale giunta Vincenzi), che a sua volta mi presentò l'avvocato Massimo Casagrande, qualificandolo come "l'uomo dei Mamone". Solo in seguito ho scoperto che quest'ultimo era anche rappresentante in Comune dei Democratici di Sinistra. Per me era necessario che la Commissione urbanistica si pronunciasse in un certo modo". Striano e Casagrande si propongono, secondo quanto dichiara l'immobiliarista, come "tramite": "Il momenti diversi, e in assenza l'uno dell'altro, mi chiesero un milione di euro Casagrande e 400 mila Striano. Era quasi il 10% del prezzo al quale avrei dovuto comprare il terreno, che infatti Mamone mi voleva vendere a 13,5 milioni di euro". Secondo la Procura, Casagrande e Striano chiedevano soldi per "addomesticare" il lavoro della Commissione urbanistica. La domanda successiva che si pone la Procura è: quei soldi sarebbero stati "spartiti" fra altri politici? Quanto erano abituali richieste del genere, tra l'altro nell'imminenza d'una campagna elettorale proprio per le amministrative? Soprattutto: Striano e Casagrande erano a loro volta "intermediari" per un livello ancora più alto? Paolo Striano, tramite il legale Nicola Scodnik, si smarca dall'intera vicenda: "Non ho mai chiesto o preso nulla e non mi occupavo dell'oleificio Gaslini. Tra l'altro, della Commissione urbanistica fanno parte tutti i consiglieri comunali". Nelle scorse settimane anche Massimo Casagrande si era pronunciato sul punto: "La tangente non è mai stata chiesta. Io avevo rapporti professionali con Mamone perché ero il suo legale, e quando parlano di un milione da dare a me o ai politici, lo fanno solo per tirare sul prezzo, come se dicessero che fra le varie spese da "scalare" c'era persino quella".
Eppure, dopo l'interrogatorio dell'imprenditore milanese, si decifra molto meglio la reazione di Mamone quando apprende delle presunte richieste di mazzette: "Lei non glieli deve dare quei soldi - dice intercettato - poiché ne hanno già chiesti a me. E pure Paolo (riferendosi a Striano) al massimo questo progetto lo può agevolare... Ma comunque non lo blocca nessuno perché io sono amico di tutti".
Quel "tutti" può significare, alla luce delle rivelazioni di giovedì, che altri amministratori erano soliti porsi in posizione di "collaboratori", chiedendo denaro? E il fatto che le richieste fossero tutt'altro che boutade, come risulta dall'ultima testimonianza, quale ombra può allungare sugli intrecci tra politica e imprenditori nel capoluogo ligure?
Oggi Caparelli aggiunge che Mamone avrebbe provveduto "personalmente" a saldare i conti con i personaggi pubblici. E descrive con assoluta precisione lo spessore dell'affare in ballo: "Per acquistare quel lotto io non volevo spendere più di 10 milioni, ai quali andava aggiunto il "surplus" da sborsare ai politici. La costruzione del centro commerciale mi sarebbe costata altri 40 milioni e avrei a mia volta rivenduto tutto, superficie e nuove costruzioni, per 65, per guadagnarne 15. Era un'operazione importante, perciò avevo bisogno di garanzie sulla fattibilità. A un certo punto Mario Margini (ai tempi della Giunta Pericu era assessore allo Sviluppo economico) mi spiegò che non sarebbe stata possibile una destinazione d'uso totalmente commerciale. E mi tirai fuori".
E però il punto, si rimarca oggi in ambienti investigativi, non è tanto quella singola storia; contano semmai le storture che c'era dietro e che - rileggendo in modo diverso le rivelazioni di Caparelli - potrebbero aver "deviato" altri grandi progetti.

Graziano Cetara - Matteo Indice